Marina
Terragni
Di Maria Paola Gaglione non parla nessuno: sepolta ancora prima dei funerali, vittima di femminicidio come tante (44 solo nei 3 mesi del lockdown). Uccisa perché non ubbidiva ai maschi di casa, come la pakistana Hina e moltissime altre nei secoli dei secoli.
Ben più glam il tema del genere di Cira-Ciro Migliore, fidanzato con la –o. Anche se la gente di Caivano dice “le due ragazze”, “le due bambine”.
Perfino sua madre la nomina alternativamente come figlia-figlio. Ciro non è un queer di Birmingham. Non è un transman. E’ un “masculillo”, creatura che quella cultura antica libera dalle regole di comportamento del sesso di nascita. Né di qua né di là, come i “femminielli”. Popolo di una zona terza, tra sacro e profano, che si origina dal culto della dea Cibele.
Non c’entrano né l’“identità
di genere”, architrave
della legge in discussione sull’omotrasfobia, né il self-id, ovvero la possibilità di autocertificare il proprio genere a prescindere dal sesso di nascita.
A quanto pare per molta stampa e tv Ciro è l’uomo trans, è il ”fidanzato”, il self-id in Italia è già legge. Comunichi all’anagrafe a quale genere appartieni senza dover produrre nemmeno una perizia. Il che significa che un uomo che si percepisce donna –è il caso più frequente- deve poter accedere a tutti i luoghi delle donne, dagli spogliatoi ai reparti ospedalieri alle carceri; e alle competizioni sportive femminili, alle quote riservate nel lavoro o in politica. Diversamente commetti misgendering.
Può essere che il self-id sia una buona idea. Per il 94% degli inglesi - sondaggio di “The Times”- non lo è affatto: rischiamo di importare un prodotto scaduto.
Ciascuno-a è libero di percepirsi e vestirsi e comportarsi come gli-le pare. Ma se chiedi di essere riconosciuto-a dalla comunità, se pretendi che ti vengano attribuiti dei diritti solo sulla base della tua auto-percezione, non puoi esigere che la comunità esegua in silenzio.
Qui sono in ballo le radici dell’umano.