Mercoledì 27 Novembre 2024
BEPPE BONI
Cronaca

Il secolo della radio: quell’appartamento trasformato in studio e il giallo della prima voce

Il 6 ottobre 1924 l’annuncio dell’allora Uri-Unione Radiofonica Italiana. A leggerlo Ines Viviani Donarelli (ma fu attribuito a Marisa Boncompagni). Il collezionista di Bologna: all’inizio gli apparecchi erano dei piccoli mobili.

Il secolo della radio. Quell’appartamento trasformato in studio. Il giallo della prima voce

Il 6 ottobre 1924 l’annuncio dell’allora Uri-Unione Radiofonica Italiana. A leggerlo Ines Viviani Donarelli (ma fu attribuito a Marisa Boncompagni). Il collezionista di Bologna: all’inizio gli apparecchi erano dei piccoli mobili.

Il salto nel futuro dell’Italia unita via etere fu segnato da una voce femminile impostata per i grandi eventi, corredata da ronzii, rumori di sottofondo, toni alti confusamente mescolati a toni più bassi. La prima trasmissione radiofonica capace di coprire tutto il territorio nazionale, ma concessa ai pochi possessori di apparecchi idonei, nacque al calar della sera. Erano le ore 21 del 6 ottobre 1924. E fu la consacrazione e il riscatto del genio Guglielmo Marconi, che agli inizi della carriera di giovane inventore fu snobbato dall’Italia e valorizzato dall’Inghilterra. Quando il nuovo strumento fece irruzione nella società post primo conflitto mondiale degli anni Venti fu un successone. La voce destinata a tutti gli italiani usciva da scatole di legno animate da grovigli di fili e valvole primitive con altoparlante esterno. Erano i primi apparecchi radiofonici.

Gianni Pelagalli, titolare a Bologna del Museo privato "Mille voci, mille suoni" dedicato alla storia della comunicazione radio e televisiva, tra i suoi 800 pezzi esposti in varie sezioni ne possiede un’infilata di esemplari, ormai introvabili, che raccontano l’evoluzione della fase pionieristica. "Uno scaffale intero è dedicato alle radio degli anni Venti con 30 esemplari originali esposti insieme ad un microfono dell’epoca", spiega Gianni Pelagalli, che ha presentato anche 120 pezzi al Vittoriano nei mesi scorsi.

"Le prime radio avevano la dimensione di un piccolo mobile, misuravano circa 60 centimetri di larghezza per 20 di altezza ed erano scherzosamente chiamate urne cinerarie. I modelli d’esordio funzionavano con 3 batterie e un altoparlante esterno a forma di collo di cigno. Erano dotati di 6-8 valvole in serie e di antenne alte fino a 10 metri. La radio, dopo il primo grande impulso, ebbe un’evoluzione continua dal 1927 in poi quando nacque l’Eiar, Ente italiano per le audizioni radiofoniche, titolare della concessione esclusiva, delle trasmissioni su tutto il territorio italiano (L’ente si trasformò in Rai 1944 ndr). La voce e i suoni che uscivano dall’altoparlante erano spesso disturbate da brusii che parevano provenire dall’aldilà, ma in breve tempo la tecnica di allora rimediò anche a questo. Il mio museo è visitato ogni anno da migliaia di ragazzi delle scuole".

L’epopea della radio ebbe ufficialmente inizio in un modesto appartamento dell’ammezzato di Palazzo Corradi in via Maria Cristina, Rione Prati a Roma, trasformato per l’occasione in studio. L’insonorizzazione fu artigianale: le pareti e il soffitto del salone vennero coperti con pesanti tende e tappeti per attutire i rumori. In realtà la voce usciva già da quegli strani cassoni con trasmissioni sperimentali private in Piemonte e in Lazio, ma con copertura limitata. Lo stesso Benito Mussolini, intuendo la potenzialità comunicativa dello strumento, il giorno precedente, 5 ottobre, tenne il primo discorso radio della storia di casa nostra da un trasmettitore in prova fornito dalla Marconi Italia, che poi nei mesi successivi sarebbe diventata la stazione Roma - 1, nel quartiere San Filippo del rione Prati.

Toccò a Ines Viviani Donarelli, giovane violinista, emozionata sapendo di entrare nella storia, leggere il primo annuncio ufficiale. Proibita l’emozione. "Uri, unione radiofonica italiana, 1-Ro, stazione di Roma. Lunghezza d’onda metri 425. A tutti coloro che sono in ascolto il nostro saluto e il nostro buonasera. Sono le ore 21 del 6 ottobre 1924, trasmettiamo il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana, per il servizio delle radioaudizioni circolari. Il quartetto composto da Ines Viviani Donarelli che vi sta parlando, Alberto Magalotti, Amedeo Fortunati e Alessandro Cicognani, eseguirà Haydin dal quartetto opera 7 primo e secondo tempo". E musica fu, con finale dedicato alle previsioni meteo e alle notizie di Borsa. Al debutto fece seguito un piccolo giallo svelato molti anni dopo. Il primo discorso fu attribuito a Maria Luisa Boncompagni, definita scherzosamente "Zia radio", a sua volta annunciatrice degli esordi. Nel 1987 Barbara Scaramucci, direttrice delle teche Rai, frugando negli archivi scovò nella sede di Firenze il documento sonoro originale. Con sorpresa. La funzionaria infatti dimostrò che l’annuncio originario venne manipolato con la rimozione della frase "… che vi sta parlando...", elemento per cui l’esordio venne attribuito erroneamente alla Boncompagni, la prima annunciatrice assunta con concorso. Ma c’era un problema da superare. Su 30 milioni di italiani solo 26mila possedevano un apparecchio radiofonico (900mila nel 1934). Il costo era roba da ricchi, variava dalle 3mila alle 5mila lire.

"Il regime lanciò un’ operazione popolare – racconta Gianni Pelagalli - le aziende costruttrici furono costrette a mettere in vendita un modello al prezzo calmierato di 600 lire. Scuole e comunità rurali furono invitate all’acquisto collettivo di una radio. Nacque così Radio rurale che nei borghi sperduti e nelle campagne consentiva ai contadini di riunirsi nei centri dedicati alla socialità ad ascoltare la voce che usciva dall’altoparlante".

Musica, politica e indottrinamento per tutti. Ma l’operazione permise anche a migliaia di studenti e agricoltori di approfondire la conoscenza della lingua italiana. Il 1930 fu l’anno della svolta tecnologica. Venne varato il nuovo impianto di trasmissione di Roma- Santa Palomba, che fece seguito alle stazioni di Bolzano, Genova, Torino. Poteva mancare lo sport? E arrivò. Prima partita con diretta radio in una giornata di gelo artico, 13 dicembre 1931. Italia – Ungheria, mezzo Paese incollato alla radio, finì 3-2 per gli azzurri con reti di Libonatti, Orsi, Cesarini. Dal 6 ottobre la Rai celebra il centenario, che è anche l’occasione per ricordare a tutti che senza il primo esperimento di comunicazione senza fili ideato dal genio Guglielmo Marconi nella sua casa di Pontecchio (Bologna 1895) non saremmo qui a raccontarlo.