Lunedì 5 Agosto 2024
ANTONIO TROISE
Cronaca

Il ricordo di Nattino. Quel legame armonico tra finanza e impresa

Il banchiere romano proprietario di Finnat è scomparso sabato a 89 anni. Regista di grandi progetti infrastrutturali come il traforo del Monte Bianco.

Il suo obiettivo, dichiarato più volte, è sempre stato di creare un legame "armonico" fra finanza e impresa, una al servizio dell’altra, un matrimonio d’affari lontano dai partiti e attento alle trasformazioni dell’economia reale e della società. Giampietro Nattino, il grande banchiere romano scomparso sabato a 89 anni, ha lasciato un segno importante nell’Italia del Dopoguerra, tanto che sarebbe sbagliato racchiudere la sua azione nel perimetro della Capitale, dove pure ha rivestito un ruolo da protagonista, soprattutto negli anni in cui Roma aspirava ad avere il suo posto al sole nel mondo della finanza. E quel posto era a Palazzo Altieri, sede della storica banca di famiglia, Finnat, crocevia di grandi operazioni finanziarie e imprenditoriali e salvataggi di impresa. Uno per tutti, quello della Lazio. Oggi Finnat è uno dei principali attori nel settore del credito e del risparmio, ha masse gestite per 19 miliardi, di cui 8 nel private banking.

Ma lo sguardo e le attività di Nattino sono sempre state a 360 gradi. Il suo ufficio è stato frequentato, negli anni, dagli esponenti di spicco della vecchia e della nuova borghesia romana, da quelli del Vaticano ma anche dai principali manager pubblici e privati, da Gabetti a Erg, da Mondadori a Luxottica. Giampietro era sempre pronto a dare consigli ma anche a mettere insieme strategie vincenti per superare i momenti di crisi aziendale. Insomma, un punto di riferimento come quello che, per tanti anni e con le dovute differenze di contesto, è stato Enrico Cuccia a Milano per il capitalismo italiano. Sempre, però, con il cuore e il cervello a Roma.

Nattino, imprenditore di terza generazione, ha trasformato negli anni con il padre Arturo l’azienda di famiglia, fondata da nonno Pietro, in una società leader nazionale del private banking. Ma non solo. È stato il regista di uno dei progetti infrastrutturali più ambiziosi dell’Italia del dopoguerra: il traforo del Monte Bianco, aperto nel 1965 con un ruolo chiave affidato a Condotte. L’esempio virtuoso di una finanza capace di essere volano per lo sviluppo economico del Paese. Nattino è stato anche uno dei protagonisti del riassetto delle acque minerali.

L’attività di banchiere non gli ha mai impedito di seguire le sue passioni, a partire dal calcio. E in qualche caso, come nell’operazione di quotazione in Borsa della Lazio di Cragnotti, i due mondi sono andati a braccetto. Oggi i funerali nella chiesa romana del Gesù, davanti a Palazzo Altieri, per precisa volontà della famiglia.