"La prego, non mi faccia commentare il processo. In questi tre anni ho sopportato un grande dolore: non solo per il violento danno reputazionale subito, ma anche per ciò che questo caso ha rappresentato per la Chiesa, i fedeli e le persone a me più vicine, a cominciare dai miei familiari". È sfinito il cardinale Angelo Becciu dopo l’80esima udienza del dibattimento che lo vede imputato in Vaticano per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato e dell’acquisto, da parte della Santa Sede, del palazzo di Sloane Avenue a Londra, ai tempi in cui era sostituto agli affari generali. Raggiunto al telefono, il porporato sente il peso di un processo storico, trattandosi del primo giudizio con alla sbarra un principe della Chiesa dopo quasi 500 anni. Ai tempi era stata la volta del riformatore Giovanni Morone, che, da principale candidato alla successione di papa Giulio III, nel 1557 si ritrovò sotto processo per volere di Paolo IV; adesso tocca allo stesso Becciu di cui Bergoglio tre anni fa, nelle more della bufera giudiziaria, ha ’accettato’ la rinuncia al ruolo di prefetto del Dicastero per le cause dei santi e ai diritti connessi al cardinalato.
"La cosa peggiore cui i fedeli di tutto il mondo hanno dovuto assistere è stato il tentativo, attraverso feroci campagne denigratorie, di sporcare ciò che sporco non era – si difende l’alto prelato che teoricamente potrebbe ancora esercitare il dovere di voto in Conclave –: dagli sforzi umanitari per sottrarre una religiosa ai suoi rapitori in Africa alle iniziative caritatevoli e socialmente rilevanti portate avanti in una diocesi (Ozieri, ndr) che ha la sola colpa di essere legata alle mie origini".
Ai danni di Becciu, imputato di peculato e abuso di ufficio, il promotore di giustizia in Vaticano, Alessandro Diddi, ha chiesto sette anni e tre mesi di reclusione, mentre il Papa, sullo sfondo proprio del caso Sloane Avenue, ha revocato l’autonomia finanziaria alla Segreteria di Stato. "Per tutta la vita ho cercato di onorare la missione sacerdotale e in coscienza sento di aver sempre servito lealmente la Chiesa e il Pontefice – chiosa Becciu –. Spero che la ricerca della verità auspicata da papa Francesco trovi conferma nel giudizio del tribunale cui mi rimetto con deferenza mentre mi affido con fiducia al Signore".
La sentenza è attesa tra l’11 e il 16 dicembre. Nell’ultima udienza si è tenuta l’arringa dei difensori, Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione. "Il dibattimento ha dimostrato che l’accusa è prigioniera di un teorema e che c’è stato un innesco inquinato per portare a un forzato coinvolgimento di Becciu. Insomma, è chiaramente provata la genesi di tutte le accuse, frutto di macchinazioni, pressioni e uno scenario probatorio altamente inquinato. Da un’indagine su una notizia di reato siamo passati a una indagine contro una persona, il cardinale Becciu". Come? "Basandosi sul memoriale del capo ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, monsignor Perlasca, che è il cavallo di Troia per introdurre accuse contro il cardinale. In tribunale, Perlasca rivela che il memoriale è stato ispirato da altri e rivela a sorpresa la storia di un ‘finto magistrato’ che tramite la sua amica Genoveffa Ciferri gli avrebbe fatto giungere i temi da affrontare, ovvero gli argomenti per accusare Becciu".
Nel merito i difensori hanno respinto l’accusa di abuso d’ufficio, incentrata sull’ingresso della Segreteria di Stato nel Fondo Athena di Raffaele Mincione per acquisire il 45% del palazzo di Sloane Avenue ("Perché Becciu avrebbe dovuto favorire una persona che neanche conosceva?"). Rispedita poi al mittente l’ipotesi di peculato ruotante attorno, da un lato, ai 575mila euro, destinati alla liberazione (poi ottenuta) della religiosa rapita in Mali ma finiti in larga parte in spese voluttuarie di un’altra imputata, Cecilia Marogna ("Il cardinale è il primo ad essere stato raggirato", è la tesi di Viglione e Marzo), dall’altro, ai bonifici della Segreteria di Stato – in totale 125mila euro – destinati alla cooperativa Spes di Ozieri diretta da uno dei fratelli di Becciu ("Si tratta di donazioni di cui sono state ben dimostrate le finalità caritative").