Lunedì 20 Gennaio 2025
GIOVANNI PANETTIERE
Cronaca

Il prete social e il web: "Si può trovare la santità. Ma attenti alla perdizione"

Don Roberto Fiscer: ringrazio Dio che ai miei tempi le piattaforme non c’erano "La mia attività online è un assist per andare a rete nell’incontro col Signore".

Don Roberto Fiscer, 48 anni, genovese e genoano come fede calcistica, molto attivo sulle piattaforme social

Don Roberto Fiscer, 48 anni, genovese e genoano come fede calcistica, molto attivo sulle piattaforme social

Su TikTok canta, balla e scherza, il piú delle volte con un pallone fra i piedi educati da rifinitore mancato; in parrocchia veicola le catechesi del Papa al gruppo degli over 75; al Gaslini trasmette gioia e speranza sulle frequenze di Radio fra le note ai bambini ricoverati e alle loro famiglie. Piú che multitasking il 48enne don Roberto Fiscer, genovese di nascita e genoano di fede (calcistica), è un prete social che non ama guardarsi allo specchio, ma farsi sociale. A tutto tondo. Tra i primi sacerdoti ad abitare le piattaforme digitali, è il Sherlock Holmes ideale per indagare, non senza un pizzico d’ironia, che cosa spinga il 99% dei seminaristi a chattare su WhatsApp e Messanger o a navigare su Facebook e YouTube. E, seguendo le tracce di "una volontà di fuga, anche solo inconscia" dalle fabbriche dei preti o di "una qualche ricerca di trasgressione", la soluzione del caso è tutta tranne che elementare, Watson.

Tra i sacerdoti di domani ne resta sconnesso solo uno su cento... "Ringrazio Dio che ai miei tempi, quando ero in seminario, i social non c’erano ancora". Ma come, don, proprio lei, che vive sulle piattaforme digitali, si mette a fare il moralista? "Se non li usi da protagonista evangelizzatore, i social per noi uomini e donne di Chiesa possono rivelarsi una mera perdita di tempo. E quelli del seminario sono anni importanti in cui il futuro prete è chiamato a dare priorità alla propria formazione per divenire così un valido evangelizzatore".

Forse che i ritmi delle fabbriche dei preti vanno stretti al 99% dei candidati al sacerdozio? "Che dietro questo dato così alto vi sia una qualche voglia di fuga dalla routine, anche solo inconscia, è possibile, se non per tutti i seminaristi, forse per molti".

Esiste la pista dei social come strumenti per rimorchiare anche in talare? "Su queste piattaforme si può trovare la santità come la tentazione". Compresa quella rappresentata dal Dio dei like... Lei, don, come fa a respingerne le avance, nonostante le migliaia di followers? "Credo che il segreto sia nella passione con cui giro i miei video o faccio catechesi agli anziani oppure gioco e mi diverto in radio con i piccoli ricoverati in ospedale. Deve essere la stessa in ogni ambito, altrimenti qualcosa non va".

La maggior parte dei seminaristi pare non abbia molto da dire sui social, anche i semplici like vanno stretti a questi ragazzi. "Ed è un limite, perché si finisce per fare il mero spettatore, senza arricchirsi e arricchire gli altri".

Lei, invece, l’hanno definita addirittura il Fiorello della Chiesa, le fa piacere? "Sarà anche per il mio passato da animatore e dj. Tuttavia, preferisco la metafora calcistica: sul web faccio assist a chi passa dal mio canale, il più delle volte non per caso, affinché possa andare a rete nell’incontro con il Signore, siano i giovanissimi di TikTok oppure i più adulti su Instagram o Facebook".

Di cross di questi tempi se ne fanno pochini, persino in famiglia dove è venuta meno la trasmissione della fede tra generazioni. "Me ne rendo conto, l’importante è avere bene in testa che in rete non ci vado io, ma chi, prendendo spunto dai miei contenuti, riannoda il suo legame con Gesù. Io mi limito a un passaggio filtrante tra le insidie e le omissioni del nostro tempo".