
Battibecco tra la premier e Giorgetti, ma i diretti interessati smentiscono. La maggioranza al lavoro per formulare una mozione solida e univoca.
Il riarmo, soprattutto. Ma anche i possibili dazi. E il futuro dell’economia, l’impegno dell’Italia con i volenterosi, il posizionamento italiano nella Ue. Sono ormai giorni che i partiti di maggioranza appaiono in ordine sparso, ma viste le questioni e lo scenario internazionale che cambia di ora in ora, si fa fatica a fare sintesi interna. Tanto che la stessa Giorgia Meloni, dopo aver letto le notizie di una riunione della Lega voluta da Matteo Salvini per puntualizzare i paletti al ReArm Eu, si sarebbe sfogata con Giancarlo Giorgetti. Una conversazione "franca", nella sala del Consiglio a riunione appena finita, proseguita a più riprese e che è rimbalzata velocemente fuori dal palazzo. Ma smentita dagli staff di entrambi: "Sono allineati".
C’è chi la racconta così. Che durante il cdm di ieri la premier Meloni e il ministro dell’Economia Giorgetti, si siano battibeccati sulla posizione "intransigente" della Lega, battibecco poi proseguito con Matteo Salvini, pronto a "sbattere la porta" davanti alle rimostranze della Meloni. Altri, invece, raccontano un altro film. Ovvero che sia stata la stessa Meloni, in vista del voto delle Camere (20 e 21 marzo) sul tema della linea del governo sulla politica estera e sul riarmo, a chiamare sia Tajani che Salvini, il primo in missione al G7 in Canada, per "buttare giù insieme" il testo da presentare, per non avere né tentennamenti, né defezioni al momento di un voto così delicato, ma mostrare l’estrema coesione dell’Esecutivo e della maggioranza sul fronte della difesa europea. E quest’ultima versione, collima con quanto detto da Salvini all’uscita del consiglio federale del Carroccio: ci sarà accordo sulla risoluzione di maggioranza?, gli è stato chiesto. "Sicuramente", ha risposto. Un po’ come ha spiegato il vicepresidente della Camera azzurro, Giorgio Mulè: "Dal 2022, non c’è stato mai un voto di un parlamentare di maggioranza in Italia che è venuto meno agli impegni assunti dalle risoluzioni presentate dal governo. La politica estera di un governo è quella annunciata e messa in pratica dal presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani; quando la presidente Meloni riferirà in aula prima del Consiglio europeo si vedrà, come sempre, che in maggioranza siamo tutti sulla stessa lunghezza d’onda".
Ad ulteriore suffragio di questo clima tutt’altro che conflittuale nella maggioranza anche voci dal governo raccontano di diverse ‘riunioni tematiche’ post cdm a cui hanno preso parte ministri della Lega, a partire proprio da Giorgetti "in assoluta cordialità". Insomma, la maggioranza pronta a trovare una formulazione della mozione - univoca e concordata- che verrà presentata alle Camere dove emerga una posizione solida del governo, al di là di quelle che vengono considerate ‘sensibilità personali’ ma tale da bypassare le differenze; perciò il testo "il più stringato possibile", in modo da non lasciare spazio all’immaginazione e - soprattutto - ai fraintendimenti. Un testo ancora da scrivere. La premier, si sostiene a via della Scrofa, sarà il più prudente possibile in Aula, per evitare polemiche, così come è ancora sub judice la decisione sulla partecipazione della stessa alla videocall dei volenterosi pensata dal premier britannico Starmer: se dovesse rappresentare un passo propedeutico ad una richiesta di invio di truppe, l’Italia non ci sarà. In linea con quanto sostenuto da Salvini alla fine del consiglio federale: "Ll’Italia non ha bisogno di ulteriori cessioni di sovranità e di ulteriori debiti".