Lasciatosi alle spalle i veleni e le mai dome manovre di Curia, di recente intentate persino con il malcelato tentativo di rovesciarlo, papa Francesco è volato ieri nel cuore dell’Africa, sorvolando i "lager per i migranti" del nord, per raggiungere a ritroso ‘il cuore di tenebra’ della Repubblica democratica del Congo, cui farà seguito da venerdì una tappa anche nel giovanissimo e zoppicante Sud Sudan. Obiettivo, portare i riflettori del mondo sulle aree e le guerre più dimenticate.
A lungo desiderato, previsto inizialmente per il luglio scorso e rimandato a causa dei forti dolori al ginocchio ma anche, c’è chi dice, per gli stop and go con Mosca e l’eventualità di compiere una missione di pace anche in Russia e a Kiev, il viaggio nel continente africano di Bergoglio è entrato subito nel vivo già all’atterraggio a Kinshasa. "C’è quel motto che esce dall’inconscio di tante culture e tanta gente che dice: ‘L’Africa va sfruttata’, questo è terribile! – ha subito denunciato di fronte alle autorità e a una folla festante -. Dopo quello politico, si è scatenato un ‘colonialismo economico’, altrettanto schiavizzante. Così questo Paese, ampiamente depredato, non riesce a beneficiare a sufficienza delle sue immense risorse: si è giunti al paradosso che i frutti della sua terra lo rendono straniero ai suoi abitanti. Il veleno dell’avidità ha reso i suoi diamanti insanguinati".
Un dramma, per Bergoglio, "davanti al quale il mondo economicamente più progredito chiude spesso gli occhi, ma questo Paese e questo continente meritano di essere rispettati e ascoltati, meritano spazio e attenzione". Per essere ancora più chiaro, ha scandito: "Giù le mani dalla Repubblica Democratica del Congo, giù le mani dall’Africa. Basta soffocarla: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare. L’Africa sia protagonista del suo destino".
Francesco si è così rivolto direttamente ai congolesi con parole che molti non dimenticheranno, quasi a lanciare una nuova profezia: "Coraggio, fratello e sorella congolese. Rialzati, riprendi tra le mani, come un diamante purissimo, quello che sei, la tua dignità, la tua vocazione a custodire nell’armonia e nella pace la casa che abiti. Rivivi lo spirito del tuo inno nazionale, sognando e mettendo in pratica le sue parole: ‘Attraverso il duro lavoro, costruiremo un Paese più bello di prima; in pace".
Il viaggio in Congo, sottotraccia, è anche un po’ un pellegrinaggio sulle orme dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio, ucciso in un agguato a Kibumba, vicino Goma, a soli 44 anni mentre portava aiuti con un convoglio umanitario. La tappa a Goma, nell’est del Congo, dove Attanasio ha trovato la morte, è saltata all’ultimo momento per ragioni di sicurezza. La regione del Nord Kivu è stata infatti anche in questi giorni teatro di aspri combattimenti tra le truppe governative e i gruppi ribelli mentre persiste la minaccia di attentati da parte dei jihadisti islamici collegati alle reti del terrore.
Le conseguenze di tutte queste lotte e violenze, cui si aggiungono fame, malattie e povertà è ben sintetizzata dal dato di 5,7 milioni di sfollati, un quinto solo lo scorso anno, elaborato dal World Food Program. "Un genocidio dimenticato", ha denunciato Francesco. Anche per questo, indicando il destino dei bambini, ha implorato: "Basta odio, non è umano e non è cristiano". Ancora prima di toccare il suolo, in volo sul Sahara ai giornalisti aveva rivolto l’invito a una preghiera: "Pensiamo a tutte le persone che cercando un po’ di benessere e libertà, non ce l’hanno fatta", quelle che cercando di raggiungere il Mediterraneo sono finite invece nei lager.