Sabato 28 Settembre 2024
SARA FERRERI
Cronaca

Il papà di una vittima scrive al Colle: "Non è stata fatta giustizia. In aula offesi quei poveri ragazzi"

Emma Fabini aveva 14 anni, stava ballando alla ’Lanterna Azzurra’ con le sue amiche prima della strage. Lo sfogo del genitore: "Troppe lungaggini al processo, gli imputati non si sono neanche presentati".

Il papà di una vittima scrive al Colle: "Non è stata fatta  giustizia. In aula offesi quei poveri ragazzi"

Il papà di una vittima scrive al Colle: "Non è stata fatta giustizia. In aula offesi quei poveri ragazzi"

"Qualcuno dirà: giustizia è fatta. No, io la giustizia la intendo in modo diverso. Quasi sei anni per avere una risposta dallo Stato sono troppi. Al di là del giudizio sulla sentenza". Inizia così la lettera di Fazio Fabini, padre di Emma, una delle vittime della strage della Lanterna Azzurra di Corinaldo, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. "Non è facile scrivere queste parole – prosegue –, come non è stato facile assistere alle interminabili udienze in tribunale. Mantenere obiettività nel giudicare il procedimento giudiziario e, contemporaneamente, avere davanti agli occhi l’immagine di mia figlia Emma. Spesso le udienze sono state lunghe ed estenuanti. Ripetitive nella ricerca di una verità diversa da quella che, fin da subito, sembrava evidente. Noi, come gli altri genitori, abbiamo dato per scontato che, essendo aperta, la Lanterna Azzurra di Corinaldo avesse tutte le caratteristiche di sicurezza richieste ad un locale accessibile al pubblico. Così invece non era, perché alla prima criticità si verificarono delle cadute lungo le uscite di sicurezza che provocarono la tragedia. Cinque adolescenti e una giovane mamma persero la vita, più un centinaio i feriti. Mia figlia Emma è morta. Aveva solo 14 anni. Oltre la vita le è stato tolto anche il diritto di replica. Se avesse potuto avere voce, in tribunale avrebbe detto questo".

Poi papà Fazio immagina gli ultimi attimi di vita della sua ragazza piena di vita, i suoi ultimi pensieri: "Sto ballando per la prima volta con le mie amiche. Urlo nelle loro orecchie – il volume della musica è altissimo – che questo è il momento più bello della mia vita. Poi questo odore urticante e aspro nell’aria che mi impedisce di respirare. Fuggo verso l’esterno, verso l’uscita di sicurezza. Ma qui, è tanto buio. La gente urla e tanti sono caduti su questi scalini irregolari. Mi appoggio alla ringhiera che, improvvisamente, cede alle mie spalle. E cado con tanti corpi sopra me. Ridatemi l’aria. Fatemi respirate".

"Non riesco a pensare ai suoi ultimi 5 minuti di vita – aggiunge -. Tanto occorre per morire soffocati. Quando ho questi pensieri, mi rimane difficile accettare le lungaggini processuali. Altrettanto difficile mi rimane assistere ai voli pindarici di eccellenti professionisti che si sono attardati nell’estenuate ricerca di cavilli, nell’interesse degli imputati. Siamo sicuri che nella ’giusta’ ricerca dell’equilibrio processuale non ci siamo dimenticati delle vittime?".

Il genitore parla poi di mancanza di rispetto degli imputati per le vittime: "Non essendo obbligati alla presenza in aula, salvo qualche raro episodio, non hanno partecipato alle udienze. Non hanno reso testimonianza in aula perché la legge glielo permette. E allora – chiede al presidente Mattarella –, le chiedo ancora: è questo il giusto processo? Siamo sicuri di rispettare nello stesso modo anche le vittime innocenti alle quali è stato sottratto il bene più prezioso: la vita?". Vittime "relegate ad un ruolo marginale, mentre la principale preoccupazione rimane il rispetto degli imputati".