Gianni Togni, nel suo ultimo disco, ’Edizione Straordinaria’, c’è un brano su un tennista che si ritira. Pensava a Nadal?
"No, in realtà è ispirato alla tennista australiana Ashleigh Barty, che ha smesso a 25 anni quando era al vertice. Il tennis mi appassiona, da giovane l’ho praticato. Tutte le storie riguardano personaggi noti, le ho prese dal giornale. La Barty non aveva più voglia di subire la pressione psicologica richiesta ai tennisti. Anche Borg smise presto".
La voglia di anonimato e normalità l’hanno anche gli artisti?
"Un po’ sì, a volte. Ma a me qualche volta è pesata di più la stanchezza mentale, soprattutto quando scrivevo i musical. Quando in sei mesi avevo finito ’Poveri ma belli’, con testi, musica e arrangiamenti per il Teatro Sistina, ero stravolto. La fatica mentale di un atleta e di un artista sono simili. Anche i Beatles hanno dovuto smettere...".
E il ’Marziano lungo il Tevere’ di cui canta è ispirato a Flaiano?
"In realtà no, ho notato dopo la coincidenza. Il mio marziano è l’uomo che vede tante notizie folli al telegiornale, un ipotetico me che va a camminare lungo il Tevere, ma non sulla strada, lungo i camminamenti sulla riva del fiume. E vede Roma da una prospettiva completamente diversa da chi si affolla sui marciapiedi perso nel suo telefonino. Così alla fine spengo la tv e vado a leggermi il giornale. La frase “fermate il mondo voglio scendere“ invece l’ho presa da una rivista che leggevo da giovane, Ciao 2001".
Lei è tifosissimo dalla Roma.
"E mi sembra che i proprietari americani, i Friedkin, siano un po’ marziani anche loro, visto quanto sono distanti. Io ho un’etichetta indipendente e sento continuamente musicisti, grafici, addetti alla comunicazione. Loro non ci sono mai, e la Roma è nel caos. Poi guardi Real Madrid-Barcellona e ti accorgi che all’estero fanno un altro sport".
La sua ’Luna’ fu uno dei singoli più venduti nel 1980. Come nacque quel verso iniziale, ’E guardo il mondo da un oblò’?
"Il testo è di Guido Morra. L’oblò non è di un aereo o di una barca, è il finestrino della metropolitana che prendevamo ogni giorno a Milano dove stavamo registrando. C’era un clochard che chiamava sempre una certa Anna, noi la facemmo diventare Luna. L’artista ruba dalla realtà, un grande regista disse che i film più belli nascevano sull’autobus. Ma ormai tutti vanno in macchina".
Certi versi, come quello, prendono una vita propria, che magari non è quella desiderata dall’artista.
"Ma è giusto che sia così, chi ascolta proietta un po’ se stesso e filtra con la sua sensibilità. Non possiamo avere tutti la stessa visione. La semplicità è complessa".
Bella frase. Sembra la sintesi della sua carriera.
"Essere semplici e non banali vuol dire essere andati in profondità e poi essere tornati a galla e raccontare le cose in modo non complesso. Molti pensano che io sia solo quello di ’Luna’, ’Giulia’, ’Per noi innamorati’. Ma ho scritto anche ’Nube tossica’, ho parlato di pornografia, di migranti. Io mi reputo un artista pop, per quanto indipendente. E nel pop puoi mettere tutto. Sono stato tra i primi a usare il rap, e un pezzo, ’Giardini in una tazza di the’, citava Proust".
Eppure il suo primo album era più impegnato.
"Io sono partito dal Folk Studio, ci esibivamo senza amplificatore, potevo cantare solo la domenica pomeriggio perché ero minorenne. C’erano Renzo Zenobi, Mimmo Locasciulli".
E poi?
"Poi tramite mio fratello che faceva le foto per i Pooh mi coinvolsero per aprire tre loro concerti. Avevo 19 anni, vivevo da solo, il disco era andato male e avevo bisogno di guadagnare, ma non avevo pezzi adatti: ne scrivemmo sette in una settimana. Le tre date diventarono tre anni di tournée, l’ultimo mese e mezzo in Canada e Stati Uniti. Il loro ex produttore, Lucariello, volle sentire le mie demo, iniziammo a lavorare insieme. E lì nacque il Gianni Togni che conoscete. Ai Pooh e a Red Canzian devo tante lezioni, e ricordo con piacere gli anni passati in Emilia, a Modena nello studio di Umbi Maggi, a Bologna con Fio Zanotti che lanciai come arrangiatore, a Faenza con il mio tastierista Fabrizio Foschini, al Top Studio di Ravenna. Dormivo a Cesenatico, ogni tanto trovavo la nebbia, ma non ho mai visto una situazione come quella delle ultime alluvioni. Pazzesco".