Roma, 9 luglio 2023 – Ministro Orazio Schillaci, dopo il Covid un’altra strage in una Rsa pubblica ma gestita dal privato. È fondamentale che le Regioni verifichino la regolarità delle strutture. Tragedie come questa sono inaccettabili.
"Chiederò alle Regioni, che hanno la piena responsabilità del servizio, di verificare e aggiornare i criteri per l’autorizzazione, l’accreditamento e il controllo di queste strutture, sia pubbliche che private, perché tragedie come quella di Milano non dovranno mai più accadere. Le Rsa hanno un compito molto delicato e devono essere all’altezza. Tra l’altro ho già sollecitato le associazioni imprenditoriali del settore a impegnarsi per rinnovare i contratti di lavoro del personale".
Nella sanità c’è un problema ormai perenne: le liste d’attesa.
"Quella delle liste d’attesa è una piaga odiosa: il sintomo di un sistema da riformare. Sono state fatte troppe scelte sbagliate e c’è stato troppo disinteresse verso i cittadini e il loro diritto alla salute".
Dunque c’è speranza?
"Le liste d’attesa sono una priorità assoluta. Abbiamo già approvato una norma che permette alle Regioni di continuare a spendere le risorse previste dalla legge di bilancio del 2022 e aggiunto la possibilità di avvalersi di un’ulteriore quota del fondo sanitario nazionale. Ora i fondi ci sono, però bisogna usarli".
Come?
"Le liste d’attesa si combattono dando incentivi agli operatori, come abbiamo già fatto per il personale dell’emergenza-urgenza, e facendo in modo che tutto il privato convenzionato sia davvero partecipe. Ma anche riducendo il numero di esami non necessari che appesantiscono le strutture sanitarie".
Opposizioni e sindacati denunciano che il governo di destra voglia dare il colpo di grazia al sistema sanitario pubblico.
"È un’assurdità e rispondo con i fatti. Chi dice che vogliamo smantellare il servizio sanitario nazionale è fra quelli che per anni lo ha definanziato, generando le criticità che ora siamo chiamati a risolvere".
Cioè dice che oggi ci sono le risorse?
"Questo governo, già nel 2023, ha aumentato le risorse per la sanità di oltre 3 miliardi e come ministero abbiamo adottato misure importanti, anche di incentivo economico, per gli operatori dei pronto soccorso".
Moltissime regioni per trovare personale per i pronto soccorso sono state costrette a strapagare i cosiddetti ’gettonisti’.
"Appena insediato ho preso di petto la questione dei medici a chiamata: prima, a quanto pare, nessuno si era accorto di questo fenomeno intollerabile, che svilisce l’impegno di chi lavora solo per le strutture pubbliche e aumenta enormemente i costi".
Con quali passi?
"Ho inviato i Nas a ispezionare le cooperative e nel cosiddetto “decreto bollette” ci sono norme che porteranno progressivamente a rendere impossibile il ricorso ai medici a gettone. L’obiettivo è valorizzare chi lavora per i cittadini e per lo Stato".
Quindi garantisce che il sistema sanitario pubblico non sarà progressivamente smantellato per dare spazio al privato?
"Se ciò che abbiamo fatto significa minacciare la sanità pubblica… A chi strilla a priori, suggerisco una generosa autocritica e un invito a sostenere gli sforzi per riformare un settore così importante".
Non si trovano professionisti formati e l’obbligo di mantenere la spesa per gli stipendi sotto la soglia del 2004 meno l’1,4% impedisce alle Regioni di assumere. Come si fa?
"È un problema che sto affrontando sia con i sindacati e le associazioni di categoria, sia con le Regioni. Il tema dei tetti di spesa è allo studio. È evidente che bisogna ripensare la governance del sistema sanitario adattandola alle nuove esigenze di salute, a cominciare dall’assistenza sul territorio con un diverso impegno dei medici di medicina generale che devono tornare a essere fino in fondo i medici di un tempo, quelli che visitavano anche a casa i loro pazienti, proprio come veri amici di famiglia".
L’Italia è fra i Paesi con gli stipendi più bassi, anche per il personale sanitario.
"Mi batterò per aumentare ulteriormente le risorse destinate al fondo sanitario nazionale, già dalla prossima legge di bilancio. Una parte dovrà essere destinata prioritariamente a pagare meglio i nostri operatori della sanità. Migliorare gli stipendi, le condizioni di lavoro e le possibilità di crescita professionale sono le tre direttrici lungo cui agire per aumentare l’attrattività del servizio sanitario nazionale".
C’è bisogno di finanziamenti ma anche di una riforma dei modelli organizzativi, oltre a quello della medicina territoriale: ne state parlando?
"Certamente. Stiamo avviando una ricognizione delle criticità sugli standard della rete ospedaliera e dell’assistenza territoriale per varare una riforma efficace. Il futuro è nella integrazione tra ospedale e territorio, partendo dalla prevenzione, dagli stili di vita e facendo leva sull’innovazione per dare risposte più appropriate ai bisogni di salute delle persone. Stiamo ponendo le basi per un vero cambiamento".
Con la situazione attuale case e ospedali di comunità rischieranno di trasformarsi in cattedrali nel deserto.
"L’ho detto sin dall’inizio: il Pnrr finanzia le infrastrutture ma non ci si è posti il problema del personale che dovrà garantirne il funzionamento. E c’è di più: il piano prevede l’acquisto di nuove apparecchiature senza tener conto dei costi di installazione. Il Pnrr nasce da un’emergenza sanitaria ma sarebbe stato più utile allocare maggiori risorse sulla missione salute".