Lunedì 10 Febbraio 2025
ALDO BAQUIS
Cronaca

Il macabro show di Hamas. Altri ostaggi liberati ed esibiti. L’ira di Israele: scene da Shoah

I miliziani fanno parlare al microfono un uomo. Che dice: "Felice di tornare alla mia famiglia". Ma ignora che la moglie e le figlie erano state uccise il 7 ottobre 2023 nel suo kibbutz.

Sopra, il rilascio degli ostaggi israeliani e la gioia delle famiglie. A sinistra, l’arrivo dei prigionieri palestinesi a Ramallah

Sopra, il rilascio degli ostaggi israeliani e la gioia delle famiglie. A sinistra, l’arrivo dei prigionieri palestinesi a Ramallah

Emaciati, pallidi, incerti sulle gambe, con sguardi spenti negli occhi: così sono stati mostrati dall’ala militare di Hamas i tre ostaggi israeliani – Or Levy, Ohad Ben Ami e Ely Sharabi – rilasciati ieri nel quinto scaglione di scambi di prigionieri avviato con l’inizio della tregua a Gaza. Immagini che hanno destato fra gli israeliani profondo sgomento e anche associazioni di idee con gli ebrei scampati ai campi di concentramento nazisti. In cambio Israele ha rimesso in libertà 183 palestinesi condannati a lunghe reclusioni per atti di terrorismo o lotta armata.

Per l’occasione Hamas aveva preparato l’abituale coreografia – un palco con scritte ostili a Israele, circondato da decine di miliziani armati e da centinaia di curiosi – scegliendo come sfondo la località di villeggiatura di Deir el-Balah, che è stata risparmiata dai combattimenti. In uno striscione i miliziani hanno ribadito che "Hamas è il day-after di Gaza", rispondendo così a Trump e a Netanyahu che giorni fa hanno discusso la possibilità di trasformare la Striscia in una “Riviera mediorientale“, senza più la presenza di Hamas.

Prima di consegnare alla Croce Rossa gli ostaggi, i miliziani si sono voluti concedere un ultimo momento di perfidia. Avvicinando un microfono all’ostaggio Sharabi (che appariva gravemente denutrito) gli hanno chiesto come si sentisse. "Sono molto felice di tornare alla mia famiglia, a mia moglie e alle mie figlie. Spero molto di rivederle fra poco". Tenuto in totale isolamento per 70 settimane, ignorava che la moglie Lian e le figlie Noya e Yahel erano stato uccise da Hamas il 7 ottobre nel suo kibbutz. Mentre era sul palco lo hanno comunque aggiornato che suo fratello era morto durante la prigionia a Gaza. Anche un altro ostaggio, Or Levy, ha appreso solo ieri che la moglie Einav era stata uccisa anch’essa il 7 ottobre. Sgomento anche nella casa di Ohad Ben Ami dove i congiunti più stretti hanno faticato a riconoscerlo nelle immagini giunte da Gaza.

Di fronte a quella cerimonia emotiva Netanyahu ha denunciato il comportamento di Hamas e ha dato istruzione che siano prese "misure adeguate". Ha comunque inviato nel Qatar una delegazione per discutere aspetti tecnici del passaggio alla ‘Fase 2’ della tregua. Ma in Israele le sue parole si sono rivelate un potente boomerang politico perché quel testo era stato diffuso dalla sua elegante suite nel Willard Hotel di Washington dove il premier ha trascorso un weekend con i familiari e con una delegazione che aveva riservato oltre 100 stanze. "Un distacco totale da quanto avviene da noi", ha commentato indignata una giornalista della tv pubblica Kan. Inoltre proprio ieri sono apparse due interviste in cui l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant sosteneva che già a luglio Israele avrebbe potuto raggiungere un accordo identico con Hamas e che per settimane il premier aveva allora fatto in modo che si insabbiasse.

Tra le famiglie degli ostaggi le preoccupanti immagini dei prigionieri liberati ieri hanno rafforzato il senso di urgenza di liberare subito – e non più a scaglioni – gli ultimi 76 ostaggi. Intanto un’incauta affermazione di Netanyahu (secondo cui "il territorio saudita è molto grande, e ci sarebbe spazio per uno Stato palestinese") ha destato reazioni negative sia a Riad sia al Cairo. Ad Amman il ministro degli Esteri Ayman Safadi, con un ulteriore riferimento ai progetti per una “Riviera“ a Gaza, ha avvertito – a pochi giorni da un incontro di Trump con re Abdallah – che l’espulsione di palestinesi verso la Giordania sarebbe considerata alla stregua di una "dichiarazione di guerra".