Riaprire musei, cinema e teatri. Il lockdown della cultura fa male al Paese

Durante la Seconda guerra mondiale, nella Londra bombardata dai nazisti, erano divenuti famosi i concerti di mezzogiorno della pianista Myra Hess all’interno della National Gallery. Una volta una bomba esplose accanto alla Galleria proprio durante un concerto. Nessuno si scompose, né la pianista, né il pubblico, raccontano le cronache dell’epoca. La National Gallery rimase aperta per tutto il conflitto, i visitatori passeggiavano nelle sue sale (nonostante il 12 ottobre 1940 una bomba tedesca avesse distrutto una stanza con alcuni Raffaello) e si tenevano conferenze ed esibizioni. Eppure alla fine della guerra non c’era una vetrata del soffitto intatta.

Perché racconto questo? Perché è una bella lezione per l’Italia del 2020. L’Italia spaventata dal Covid che ha sancito il primo coprifuoco non bellico, che ha chiuso a doppia mandata teatri, cinema, persino le scuole superiori per paura del contagio. Siamo un Paese in guerra? Forse sì, anche se il nemico non sono i bombardieri che vengono di notte. Però ci vorrebbe anche un po’ di coraggio e ammettere che non è una guerra con armi ed esplosioni e forse si può combattere con altre modalità. Salvaguardando istruzione e cultura. Guai a sottovalutare la lotta al virus, per carità. Ma facciamoci qualche domanda. Stiamo per riaprire le piste da sci, abbiamo tenuto aperti i negozi nella fascia gialla e arancione, i supermercati, gli autogrill, le parrucchiere... ma sono stati chiusi i licei, i teatri, le mostre, i cinema. Si è deciso che vale di più evitare l’impoverimento economico che l’impoverimento culturale (senza tenere conto che mettere all’angolo la cultura significa impoverire un comparto importantissimo per l’economia italiana, per non parlare del sacrificio delle maestranze).

Abbiamo riflettuto abbastanza su queste scelte? Non è il caso di fare dietrofront? Scuole, sale e teatri: questi luoghi hanno lavorato per prepararsi ai contagi, per garantire la sicurezza, eppure sono stati puniti. Forse dovremmo accettare il rischio anche minimo che a scuola o a teatro ci si possa contagiare (sapendo tra l’altro che le percentuali di contagio sono inferiori di altri luoghi) e riaprire subito perché serve cultura per respirare e guarire il Paese dalle tossine. Serve la cultura perché "fatti non foste a viver come bruti". A Churchill è stata attribuita, forse in maniera errata, una frase famosa. "Se non combattiamo per la bellezza, cosa combattiamo a fare?". Ecco. Riapriamo scuole e luoghi della cultura, il lockdown della mente non fa bene a nessuno. E aggiungo un’idea: i ministri Franceschini e Azzolina annuncino subito che, con i fondi europei, garantiranno ai nostri studenti un abbonamento teatrale o un super sconto per la prossima stagione.