Giovedì 14 Novembre 2024
ALESSANDRO BELARDETTI
Cronaca

Il guru della medicina legale: "Cucchi, Melania, Claps: tutti i misteri che ho risolto"

Il professor Francesco Introna ha ispirato libri e fiction, per 10 anni è stato anche perito del Vaticano. "A volte piango, non sono una macchina. Le autopsie più dure? Su bambini e donne massacrate"

Meredith Kercher (sx) e Melania Rea

Meredith Kercher (sx) e Melania Rea

È l’uomo che fa parlare i cadaveri. Non compie miracoli, ma legge le tracce e risolve i misteri grazie all’esperienza da medico legale. Il professor Francesco Introna, barese di 68 anni, è intervenuto nei casi più importanti di cronaca nera (dal delitto Mez al giallo di David Rossi, dall’omicidio Melania Rea al caso di Stefano Cucchi, dalla tragedia di Ciccio e Tore al cold case di Elisa Claps) e ha ispirato il suo omonimo nella fiction Le indagini di Lolita Lobosco. L’università di Stanford l’ha inserito nel 2% degli scienziati più importanti al mondo e per 10 anni è stato perito medico legale del Vaticano, trattando corpi di santi e svolgendo relazioni su beatificazioni e santificazioni, tra cui quella di Madre Teresa di Calcutta.

Francesco Introna, medico legale
Francesco Introna, medico legale

Professor Introna, com’è stata la sua prima autopsia?

"Era il 1979 e avevo tanti capelli. Ero molto emozionato, scattai anche foto per immortalare l’evento. L’impatto col cadavere fu forte, ma non ricordo di chi fosse. Da allora ho svolto oltre 3mila autopsie".

Come nasce la sua passione?

"Dovevo diventare otorino, ma il settore non mi dava soddisfazione. Lasciai il mio maestro di allora, un luminare, e chiesi di entrare nella medicina legale, dove ogni caso è diverso dal precedente".

L’autopsia più difficile?

"Più il caso è complicato, più è affascinante: la banalità è normale. Gli esami emotivamente più duri? Su bambini e donne vittime di violenze. A volte mi è capitato di piangere. Durante l’identificazione da parte dei parenti delle vittime nel naufragio del Canale d’Otranto del 1997 ho indossato occhiali da sole. È stato troppo straziante: 52 morti tra donne e bambini, stipati nella coperta della nave che è diventata la loro tomba. Mi sono lasciato coinvolgere, non sono una macchina".

Il lavoro, spesso a contatto con la morte e il dolore, ha inaridito le sue emozioni?

"I corpi che tratto sono sempre deceduti per cause violente, questo mi ha reso difficile guardare i film violenti, come Shining. Ci provo, ma non riesco a finirlo mai. Mi alzo dalla poltrona anche quando c’è la scena di Biancaneve in cui il cacciatore cerca di pugnalare la protagonista. Non sopporto più la violenza e ho sviluppato un amore per gli animali".

Quale autopsia le piacerebbe fare per risolvere un giallo?

"Vorrei aver fatto per primo l’esame sul corpo del calciatore Bergamini. Un caso che grida vendetta, non credo ne verranno mai fuori. Quando le indagini partono male, finiscono quasi sempre male. Se il primo passo è incerto, le vicende restano con dubbi eterni".

Il delitto perfetto esiste?

"Non posso dirglielo, magari lei vuole uccidere qualcuno… A parte gli scherzi, oltre al lavoro di medico legale faccio anche il correttore di bozze di libri gialli. L’autrice de Le indagini di Lolita Lobosco, Gabriella Genisi, è mia amica. In un seminario con scrittrici di gialli parlai di come nascondere un corpo, ma non darò dettagli o farei un torto alla medicina legale".

Qual è l’indagine che la rende più orgogliosa?

"Il caso Belmonte: nel 2004 sparirono madre e figlia, trovate poi nell’intercapedine di una villa a Castel Volturno 8 anni dopo. I documenti parlavano di un decesso di 5 anni prima, ma riuscimmo a stabilire che la morte era avvenuta da 20 anni. La “scheletrizzazione“ era stata velocizzata dall’alta e bassa marea, ma servì una grande intuizione per capirlo. Nella cantina entrava l’acqua e facendo analisi geologiche sul terreno scoprimmo una piramide di materiale biologico".

La perizia su Stefano Cucchi stabilì che "senza le fratture, non sarebbe morto".

"Penso di essere stato il primo ad affermare che Cucchi presentava lesioni contusive riferibili a un pestaggio. Le lesioni, però, non erano particolarmente gravi e, a mio avviso, da sole non potevano essere letali. Ci furono una serie di cause per cui Cucchi morì e furono ipotizzati profili di responsabilità professionali".

L’autopsia su Ciccio e Tore: non ha notato l’intervento di terzi contro i bimbi?

"Le salme dei fratellini erano nel pozzo da un paio d’anni: se chi sapeva avesse parlato subito o fosse stata fatta una indagine più accurata nell’immediatezza della scomparsa, Salvatore – che sopravvisse 24-36 ore dopo la caduta – si sarebbe potuto salvare".

Ora su spinta del papà si potrebbero riaprire le indagini.

"Potrebbero servire solo a riabilitare la figura del padre, accusato ingiustamente di omicidio ed erroneamente incarcerato".

Delitto Claps: quali intuizioni ha avuto?

"I capelli della salma mummificata di Elisa, ritrovata a 12 anni dal delitto, erano stati tagliati di netto. Neanche le ciocche recise da un parrucchiere presentano tagli così: facemmo prove e osservammo che solo tagliando i capelli intrisi di sangue coagulato si può ottenere quell’effetto. Significava che erano stati recisi a distanza di almeno 20 minuti dalla morte, dopo che il corpo era stato portato nell’angolo più buio del sottotetto della chiesa".

Nel giallo Mez lei stabilì che fu uccisa da un solo killer.

"Le indagini vennero fatte male, anche per colpa dei media. Ma gli inquirenti partirono con la convinzione che i colpevoli erano tre, non erano scevri da idee precostituite. Ci sono stati errori grossolani, dal gancetto del reggiseno calpestato e ritrovato in un ambiente diverso da quello in cui era stato fotografato nel sopralluogo, alle tracce biologiche sul piumone di Meredith non analizzate, fino all’allargamento della planimetria della camera per consentire la teorica presenza di tre aggressori. Tutte le evidenze e le lesioni possono essere attribuite a un unico killer".

Caso Melania Rea: c’è qualcosa che non le torna nella sentenza?

"No, il magistrato fu bravissimo. Evidenziò dettagli che noi non avevamo notato. La salma di Melania aveva escoriazioni post mortali fatte il giorno seguente all’omicidio. Erano segni per depistare: una svastica, una siringa da insulina piantata e una escoriazione che il magistrato notò essere corrispondente, nella simbolistica militare, a quella del reggimento di Parolisi".

C’è stata una volta in cui ha sbagliato l’esame?

"Se glielo svelo, l’avvocato di parte mi fa causa".

La scena in tv in cui si vedono i familiari in obitorio a identificare il cadavere, svelato dal lenzuolo, è vicina alla realtà?

"Assolutamente sì, al 95%. La differenza è che nessun parente si comporta così pacatamente, l’identificazione non è mai asettica. Il dolore che prova una madre che lascia il figlio 18enne alla mattina e lo ritrova steso in obitorio alla notte, è il più grande del mondo".

Sulla scena del crimine ha mai il terrore di trovare la sua famiglia?

"Onestamente no".

È stato anche all’Academy dell’Fbi a Quantico.

"Là ho conosciuto il generale Luciano Garofano, ex comandante Ris. Un periodo meraviglioso, negli Usa erano avanti 20 anni nelle indagini. Quando tornai in Italia indossai il “green“, la tuta chirurgica, per un’autopsia e un collega mi prese in giro “perché hai il pigiamino?“".

Si è mai commosso durante un esame autoptico?

"Ero a Los Angeles e ricordo che il maestro Thomas Noguchi (medico legale di Marilyn Monroe, Robert Kennedy, Sharon Tate, Janis Joplin, John Belushi, ndr) prima di ogni autopsia si inginocchiava davanti al corpo e pregava. Quando si deve svolgere un esame autoptico bisogna risolvere il caso, la vita passata della persona non c’è più. L’unico dolore che acquisisco è quello dei parenti".

Ha mai voluto conoscere la storia della persona che stava analizzando?

"Il dato storico deve essere il più asettico possibile per non influenzare il risultato".

Che cosa c’è dietro a ogni grande medico legale?

"Una curiosità incredibile, oltre all’aver perennemente dubbi, senza dare mai nulla per scontato".