Roma, 25 luglio 2023 – Sanità, edilizia, freno alla carcerazione preventiva, revisione dei reati cosiddetti "ostativi" dell’accesso alle misure alternative. Sono le principali urgenze del sistema penitenziario per Giancarlo Giulianelli (foto), avvocato penalista (noto anche per aver difeso Luca Traini, l’autore del raid razzista di Macerata in rappresaglia dopo l’omicidio di Pamela Mastropietro), nominato nel 2021 garante dei detenuti dal centrodestra marchigiano.
Dal suo osservatorio quali risultano le emergenze strutturali delle carceri italiane?
"Innanzitutto l’urgenza sanitaria. La sanità penitenziaria risente gravemente della crisi del sistema nazionale e la carenza dei medici di base dopo il passaggio alle regioni, per cui oggi come oggi si fa fatica a mantenere standard decenti. Si aggiunga che per effettuare una qualunque visita in una struttura ospedaliera esterna occorre che il detenuto sia scortato, per cui anche le carenze di organico mettono a repentaglio la salute. L’altra criticità riguarda l’edilizia: abbiamo penitenziari assolutamente inadeguati a una detenzione dignitosa. Alcuni sono vecchi conventi cadenti, ma anche quelli moderni sono insufficienti, in termini di spazi e servizi, a rispettare la dignità e anche l’affettività dei carcerati".
Colpa del sovraffollamento? Potrebbe essere governato diversamente?
"A giugno avevamo 877 detenuti nelle carceri marchigiane per una capienza di 835. Di questi, il 22,5% sono in attesa di giudizio. Un dato leggermente più basso rispetto alla media nazionale del 25,5%. Quindi un quarto dei detenuti è in attesa di giudizio. Significa che si fa un eccessivo ricorso alle misure cautelari".
Si potrebbero applicare di più le misure alternative già previste?
"Contrariamente a quanto appaia, la nostra legislazione è tra le più illuminate. Le misure ci sono e l’ex ministra Marta Cartabia le ha aumentate. Poi l’applicazione da parte della magistratura di sorveglianza lascia un po’ a desiderare. Io credo che delle 679 condanne definitive delle Marche una parte potrebbe adire a misure alternative. Ma la decisione spetta alla magistratura".
Perché le toghe sono così riluttanti?
"Ci sono stati casi di persone ammesse a permessi premio che hanno poi commesso reati e i magistrati competenti son stati presi di mira. C’è sempre il problema che fa più rumore l’albero che cade della foresta che cresce. Eppoi c’è un gran numero di persone che non ha possibilità di accesso a misure alternative perché, ad esempio, senza fissa dimora. Mi trovo perciò a condividere le parole del collega Stefano Anastasia, che sulle pagine del vostro giornale ha rilevato questa problematicità. Ma i dati dicono che l’accesso alle misure alternative abbassa al tasso di recidivanza di un buon terzo. Questo infatti è lo scopo: evitare nuovi reati. E il compito di noi garanti è farci portatori di questa esigenza".
La politica invece come dovrebbe intervenire?
"Potrebbe cominciare intanto a rivedere l’articolo 4 bis dell’Ordinamento penitenziario, da cui traggono origine tante carcerazioni. Bisogna che la politica ponga mano a questi reati cosiddetti ‘ostativi’, che impediscono l’accesso alle misure alternative. E anche smetterla di creare nuovi reati: perché non si può condannare chi guida in stato di ebrezza a pene superiori di chi spaccia".