Gioca da fenomeno ma va ancora all’asilo. Una miscela di Maradona e Messi sotto una cascata di riccioli ma soprattutto gambe e cervello che corrono a una velocità doppia rispetto alla media. Zayn Ali Salman ha solo cinque anni, ma ha già attirato l’attenzione di uno dei più grandi club del calcio europeo: l’Arsenal. Scelto dai Gunners per la pre-academy, è il più giovane di sempre a essere selezionato e poi tesserato.
Nello sport e nella vita la corsa al fenomeno non guarda in faccia all’anagrafe. E se a Montreal 1976 Nadia Comaneci quattordicenne strappava il titolo olimpico e il primo 10 della storia alle giurie, non c’è da stupirsi se oggi il calcio del business e degli eccessi spinge i suoi scouting fin dentro gli asili.
Ai recenti Giochi di Tokyo Momiji Nishiya ha vinto loro dello skateboard a soli 13 anni e dalle ‘cantere’ del calcio spagnolo escono baby assi quindicenni già pronti per il palcoscenico della Champions.
Ma che dire dei poppanti prestati agli spot televisivi, dei cantanti in erba che diventano fenomeni mediatici, dei troppi attori in erba scomparsi presto dalla scena per finire nel girone dei disadattati?
La storia di Zayn, come mille altre, dovrebbe insegnarci il rispetto per l’ingenuità, la purezza e per il talento che cresce con le sue misure e i suoi tempi. Puntargli subito addosso i riflettori di un mondo affamato di nuove stelle e di denaro non è certo la scelta migliore.