di Alessandro Farruggia
Il piatto piange e a soffrire saranno in primis i cittadini russi. Il surplus commerciale della Russia è sceso a 8,4 miliardi di dollari nel giugno 2023 da 32,8 miliardi di dollari nel corrispondente periodo del 2022, il calo delle entrate risultanti dalle esportazioni energetiche pesa come un macigno e il risultato è che Cremlino sta facendo una guerra consumando le risorse accumulate negli anni d’oro e questo la sta portando allo stremo. Nasce qui il passaggio dalla deflazione di marzo (-10.7%) all’inflazione attuale (+4.1%) che minaccia i redditi e le pensioni dei cittadini russi e sempre qui nasce il crollo del rublo al quale si è assisto questa estate e che alla vigilia di Ferragosto ha costretto la banca centrale ad alzare ulteriormente il tasso d’interesse, già aumentato di 100 punti un mese fa, di altri 150 punti, fino al 12,5%. E ha avviato un progetto pilota per l’introduzione del rublo digitale che ha tra i suoi obiettivi quello di garantirsi l’accesso alle transazioni internazionali contrastando gli effetti delle sanzioni occidentali contro le sue banche. Per ora verrà utilizzato in Russia da 600 cittadini e 30 imprese commerciali di 11 città, grazie ai servizi forniti da 13 banche, con l’obiettivo di allargarne l’uso dall’anno prossimo.
"Le sanzioni hanno cominciato a funzionare subito, ma se qualcuno pensava che il mese dopo Putin dicesse, ’scusate, ho scherzato’ – osserva la giornalista e analista Anna Zafesova – era fuori strada. Ma le sanzioni funzionano, e hanno colpito l’economia russa sempre di più e l’hanno portata in una situazione difficile: si sta progressivamente sgretolando, con un PIL cresciuto solo per le spese militari e con un calo del rublo che è poi è stato recuperato dalla banca centrale con misure tecniche che però non potevano durare in eterno". "Adesso – prosegue – si è arrivati ad un calo ancora più importante e la Banca centrale è dovuto intervenire con l’aumento dei tassi di interesse. Svalutare il rublo e aumentare l’inflazione significa scaricare sui russi il peso economico di questa guerra, e quindi non escludo che il rublo sia stato lasciato andare per ridurre il fardello sul bilancio dello Stato, a spese dei propri cittadini".
Altri addetti ai lavori vedono la situazione meno grigia per il Cremlino. "Mentre nel tempo le sanzioni eroderanno la crescita economica a lungo termine – osserva Chris Weafer, economista che ha lavorato in Russia per 15 anni, anche come Chief Strategist alla Sberbank-CIB, la più grande banca russa –, il rublo recentemente più debole non implica una crisi economica di fondo, non suggerisce che la Russia stia per cadere da un precipizio. Anzi, fino ad ora il declino del rublo ha soddisfatto il governo perché ha aumentato la quantità di rubli per ogni dollaro di entrate petrolifere, aiutando il Cremlino a mantenere la spesa per i programmi militari e le agenzie governative. In generale possiano dire che la debolezza generale era pianificata, ma è andata oltre le aspettative, e per questo la banca centrale è intervenuta per aumentare i tassi di interesse".
Fare di più sul fronte delle sanzioni è peraltro difficile. "Certo – osserva Zafesova – le sanzioni più efficaci, petrolio e gas a parte, sono quelle sulle tecnologie e abbiamo visto che sono molti paesi, segnatamente Paesi alleati o anche semplicemente non ostili alla Russia che si sono resi disponibili, a fare delle triangolazioni. A questo punto o fai delle sanzioni secondarie, ma non è facile farle, oppure un po’ di tecnologia dual use passa. Molto può essere fatto per rendere le sanzioni più incisive, e magari non viene fatto perché non ci conviene. Ad esempio, i diamanti e molte materie prime, penso al titanio, continuano ad essere esportate dalla Russia, semplicemente perché ci servono".