Il Covid-19 non se ne andrà via oggi, né domani. Anche il vaccino non va dato per scontato. Bisogna farsene una ragione, "dobbiamo resistere un paio di anni almeno, non dal punto di vista organico, ovviamente, quanto nel senso di metterci nell’ottica di convivere col virus per un certo lasso di tempo ancora, così come è successo ai nostri predecessori alle prese con la Spagnola tra il 1918 e il 1920". E non è affatto detto che questa battaglia contro la pestilenza 5.0, "si esaurirà nella seconda ondata appena iniziata anche da noi. In passato molto spesso le pandemie, pur nelle loro differenze epidemiologiche, hanno conosciuto uno sviluppo lungo e altalenante che potrebbe ripetersi anche nel nostro caso".
Coronavirus, il bollettino del 10 ottobre
Si affida alla bussola del grande magistero dell’Historia l’89enne Giorgio Cosmacini, il più noto storico della medicina del nostro paese, per provare a tracciare la rotta da seguire nel mare tempestoso del Covid. Onda su onda, l’accademico non ha alcuna intenzione di scendere sotto coperta. Resta a prua, sul pezzo, col suo ultimo manuale Concetti di salute e malattia fino al tempo del coronavirus (edizioni Pantarei).
Professore, per cogliere lo sviluppo di questa infezione dobbiamo conoscere cosa successe ai tempi della Spagnola?
"Il parallelo non può essere perfetto, sia chiaro. I criteri chiave per indagare una pandemia, mi riferisco alla diffusità, alla contagiosità, oltre alla morbosità e alla mortalità, sono evidentemente diversi fra quella malattia e l’attuale. Così come il contesto socio-politico e le condizioni socio-sanitarie. Ciò non toglie, però, che proprio l’esperienza della Spagnola, l’ultima pestilenza della storia prima del Covid-19, se anche non può offrirci certezze inconfutabili sul presente, ci consente tuttavia di avanzare delle ipotesi più che ragionevoli sull’oggi".
A partire dalla durata e dal come si esaurirà l’attuale emergenza sanitaria?
"Sicuramente non possiamo pensare che questa pandemia ci abbandoni a breve. Siamo in ballo da appena sei mesi... La Spagnola ha scosso il mondo per un biennio, con uno sviluppo eterogeneo, da paese a paese, e fra alti e bassi. Poi si è spenta senza che fosse stato approntato un vaccino, né una cura antivirale specifica".
Succederà così anche col nuovo Coronavirus?
"Diciamo che non mi stupirei qualora la pandemia si esaurisse in assenza di una profilassi. A determinare la fine della Spagnola è stata la combinazione fra la raggiunta immunità di gregge nelle singole popolazioni e la progressiva perdita di virulenza del patogeno stesso. Ce lo dice la storia, che andrebbe maggiormente ascoltata anche in Italia dove, invece, continuiamo a non fare troppo affidamento al suo tesoro".
Questa seconda ondata l’ha presa alla sprovvista?
"Affatto, anche se non sempre, spesso nei secoli le pestilenze hanno avuto due, tre, quattro fasi di sviluppo".
Sarà peggiore della prima?
"Dipende da come si caratterizzerà il confronto fra i macroviventi, noi uomini, e il microvivente, il virus. La partita si gioca su quella che sarà la nostra risposta all’infezione e al contempo sul modo di comportarsi dello stesso patogeno. Ricordiamoci che la Spagnola in due anni in Italia ha mietuto 600mila vittime".
È pessimista?
"Non ho alcuna intenzione di fare la Cassandra della situazione. L’influenza di un secolo fa prendeva di mira per lo più la popolazione attiva, di contro il Covid si accanisce sulle persone più anziane, quindi su una fascia meno ampia della cittadinanza. Detto questo, prescindendo dalla speranza di un vaccino, che io stesso mi auguro sia scoperto al più presto, le nostre difese restano quelle suggerite dal Decamerone. Né più, né meno".
Che cosa insegna Boccaccio a noi contemporanei?
"La risorsa è la stessa di settecento anni fa, si chiama distanziamento, isolamento, il non fiatarsi l’uno sull’altro, per dirla con la prosa boccaccesca. Leggiamolo il preambolo del Decamerone è capiremo l’atteggiamento giusto da seguire anche in questa emergenza sanitaria".