Il Tar del Friuli Venezia Giulia ha dato ragione ai musulmani di Monfalcone che vogliono pregare all’esterno. Il tribunale ha accolto infatti il ricorso del circolo culturale islamico Baitus Salat contro l’ordinanza del comune che inibiva l’accesso all’area esterna dell’immobile dell’associazione in via Primo Maggio, ma i giudici hanno confermato il divieto di utilizzo dell’edificio che non ha il certificato di agibilità. Per il tribunale il piazzale non è un’area di cantiere, come sostenuto dal municipio.
L’avvocato Vincenzo Latorraca, che rappresenta Baitus Salat, dice che la linea del comune "è stata integralmente sconfessata", mentre Caterina Conti, segretaria regionale del Pd, chiede alla sindaca Anna Maria Cisint di smetterla di "utilizzare i poteri che le vengono dalla carica per le sue tattiche personali". Il comune fa invece sapere che presenterà appello al Consiglio di Stato: "Quello che vogliamo è semplicemente il rispetto della legge", commenta Cisint.
Proprio il secondo grado della giustizia amministrativa nei giorni scorsi ha sollecitato il Tar a decidere nel merito sul diritto a celebrare il Ramadan dopo le due moschee chiuse per supposte irregolarità urbanistiche. Secondo i magistrati della Seconda sezione di palazzo Spada l’uso degli immobili a fini di culto non appare vietato dal piano regolatore comunale, anche perché il comune non ha dimostrato vi fosse un cambio di destinazione d’uso tale da incidere sul carico urbanistico.
L’immobile nella cittadina in provincia di Gorizia è un vecchio supermercato acquistato con le offerte dei fedeli e in corso di ristrutturazione. I lavori sono stati bloccati per la supposta violazione delle norme antisismiche. Poi è arrivata l’ingiunzione che vieta l’uso del piazzale "per la tutela della pubblica incolumità". Prima di Natale migliaia di fedeli musulmani protestarono per la chiusura dei luoghi di culto.
In estate la sindaca Cisint ha scritto una lettera aperta alla comunità musulmana per contestare l’abitudine di fare il bagno in mare completamente vestiti nella spiaggia di Marina Julia: "La pratica determina sconcerto e crea insopportabili conseguenze alla salvaguardia del decoro". All’epoca la sindaca minacciò anche un provvedimento per l’obbligo di costume da bagno "a tutela dell’interesse generale della città e dei nostri concittadini". Dal primo marzo è sotto scorta, dopo minacce di morte arrivate direttamente sul suo cellulare.