Sussiste una connessione fra la posizione della donna nella Chiesa e la violenza di genere a tutti i livelli, perché esiste un tema di rappresentatività che non possiamo né negare, né tacere – seduto al tavolino di un caffé a due passi dal colonnato del Bernini, il neo cardinale francese Jean Paul Vesco, 62 anni, si mostra fortemente sensibile al tema della lotta ai femminicidi –. Per questo non è accettabile, dentro come fuori la comunità ecclesiale, alcuna subordinazione o forma di violenza di genere, fisica o psicologica". Il discorso dell’arcivescovo di Algeri si tronca all’improvviso, quando uno scroscio di pioggia erompe dal cielo imbronciato di Roma, con un’intensità tale che l’ombrellone sopra le nostre sedie fatica a trattenerla. Cerchiamo riparo all’interno del locale, in uno scenario che suggerisce ad entrambi la difficoltà anche della religione d’arginare sul nascere ogni abuso di genere, nonostante un messaggio improntato alla fratellanza.
Eminenza, la violenza sulle donne è un fenomeno trasversale? "Sì, ciò che sorprende ed inquieta è che riguarda tutte le classi sociali, le culture e le religioni. A cambiare semmai sono le modalità. Chi abusa è musulmano, ebreo, cristiano, non credente oppure appartenente ad una famiglia benestante o modesta, una persona con titoli di studio così come un analfabeta".
Come si spiega questa pervasività? "Vi è una sorta di rapporto ancestrale maschi-femmine declinato secondo uno schema forti-deboli".
In che modo si può combattere la violenza di genere? "Dobbiamo condannare questi comportamenti ed educare alla parità di genere ed all’alterità. La Chiesa può sempre fare di più sul tema, al fianco della società, contro un fenomeno inaccettabile ed insopportabile".
Serve un cambiamento del ruolo della donna nella comunità ecclesiale? "Quando venni in Vaticano per la prima visita ad limina, ai vertici dei dicasteri c’erano solo uomini. Adesso abbiamo anche delle donne segretarie e sottosegretarie. Ancora c’è chi pensa che allargando gli spazi alle donne, la Chiesa sia meno cattolica, ma è vero proprio il contrario. Grazie a papa Francesco, che ha la capacità di guardare più avanti di altri, un processo di cambiamento è in corso".
Si discute del diaconato femminile, quindi dell’ordine sacro: una svolta in tal senso accrescerebbe la simpatia verso la Chiesa da parte della società? "Non è necessario guardare all’esterno per capire che servono riforme. Ma occorre equilibrio. Sul diaconato femminile il Papa ritiene che non sia ancora giunto il momento in quanto si pregiudicherebbe l’unità ecclesiale. E io lo rispetto".
Lei personalmente che posizione ha? "Auspico profondamente un’evoluzione del ruolo della donna nella liturgia, affinché possiamo ascoltare anche le loro omelie a messa, così come nella teologia. La testimonianza evangelica oggi si gioca insieme".
Lei è un maratoneta, anche la Chiesa è o dovrebbe esserlo? "Non servono sprint, rivoluzioni. Dobbiamo procedere insieme, passo dopo passo, in maniera sinodale. Sì, proprio come in una maratonata".