L’ordinanza di custodia in carcere per Filippo Turetta, firmata dalla gip Benedetta Vitolo, è feroce come l’"inaudita ferocia" che il ragazzo ha usato per porre fine in 25 minuti di agonia alla vita della sua ex fidanzata, Giulia Cecchettin: "Il giovane – scrive la giudice – potrebbe uccidere altre donne". La ricostruzione dei fatti è un’unilaterale guerra dei Roses che il ragazzo di Torreglia ha messo in scena in due atti dopo che si era fatto pagare l’ultima cena (17,80 euro saldati con la carta di credito) dalla ragazza che diceva di amare e che aveva voluto accompagnare al centro commerciale ad acquistare vestito di laurea e scarpe. La colpa di lei era quella di averlo lasciato, eppure continuava a frequentarlo e sostenerlo. "Non sopravviverei all’abbandono", aveva detto il giovane. È stata invece Giulia ad andarsene per sempre trattata in un modo crudele che dimostra secondo la gip "una totale incapacità di autocontrollo" per la quale si giunge a "un giudizio di estrema pericolosità che desta allarme".
Turetta appare "imprevedibile, perché dopo aver condotto una vita all’insegna di un’apparente normalità ha improvvisamente posto in essere questo gesto folle e sconsiderato". Un gesto, il timore, che potrebbe ripetere su altre donne e quindi deve rimanere recluso. I due atti dell’omicidio si compiono il primo a 150 metri da casa Cecchettin, nel parcheggio di via Aldo Moro a Vigonovo, l’altro a quattro chilometri di distanza, nell’area industriale di Fossò. Al primo assiste un uomo, Marco Musumeci. Nell’ordinanza si dice che qui Filippo ha colpito ripetutamente la ragazza con una lama e poi a calci l’ha costretta a risalire in macchina: sono le 23,18, il testimone sente le urla di Giulia - "aiuto, mi fai male" -, chiama il 112 ma quando i militari arrivano l’auto è già partita; sull’asfalto restano le macchie di sangue.
Alle 23,29 l’auto entra nella zona industriale di Fossò, due minuti dopo si ferma e due telecamere (sequestrate dagli inquirenti) la riprendono. Vede la scena non da vicino anche un addetto alla sorveglianza che si trova nella guardiola dello stabilimento di Cristian Dior. Alle 23,40 una persona fugge inseguita verso viale dell’Industria; viene raggiunta da un’altra ben più alta e il confronto fisico conduce a Giulia, 1,63, e Filippo, 1,88. Questi la soverchia e la fa cadere a terra; la ragazza batte la testa e rimane esanime non prima di avere lottato con tutte le sue forze con quello che riteneva fosse un amico per sempre. Giulia muore per "choc emorragico".
È allora che l’assassino la raccoglie, si accorge che l’ex non respira più e carica il corpo nel bagagliaio. Lascia qui sul terreno un coltello da cucina di 21 centimetri col manico spezzato. Alle 23,50 l’auto esce dal Varco Nord, quarantatré minuti dopo è segnalata a Zero Branco, nel Trevigiano, cento chilometri dal luogo nel quale la stessa notte Filippo scarica il corpo senza vita nel canalone vicino a Barcis, in provincia di Pordenone, prima della fuga. Sembra una folle sceneggiatura hollywoodiana e invece è pura realtà. I reati formulati nell’ordinanza sono omicidio volontario aggravato dal vincolo affettivo e sequestro di persona, gli accertamenti che la Procura continua a fare potrebbero configurare la premeditazione con la quale Filippo difficilmente eviterebbe l’ergastolo. Per la dottoressa Vitolo non ci sono alternative al carcere perché la "pericolosità sociale" di Turetta è dimostrata dal comportamento di "inaudita gravità e manifesta disumanità".