Venerdì 21 Marzo 2025
NICHOLAS MASETTI
Cronaca

I genitori di Saman . La madre piange in aula: "Sono morta anch’io"

Parla per la prima volta la donna condannata per l’omicidio della 18enne pakistana. Il padre: "Non siamo stati noi a ucciderla". E accusa lo zio Danish e i cugini. .

L’arrivo di Nazia. Shaheen ieri in Corte d’Assise d’Appello, a Bologna

L’arrivo di Nazia. Shaheen ieri in Corte d’Assise d’Appello, a Bologna

"Non siamo stati noi genitori a uccidere nostra figlia Saman". Shabbar Abbas, il padre, e Nazia Shaheen, la madre, si difendono. Lo fanno nella quarta udienza in Corte d’Assise d’Appello a Bologna. Uno dopo l’altro. Dichiarazioni spontanee condite dalle lacrime su quella tragica notte tra il 30 aprile e il primo maggio del 2021, quando la 18enne di origini pakistane venne uccisa a Novellara, in provincia di Reggio Emilia. Entrambi condannati all’ergastolo in primo grado entrano in aula Bachelet. Prima lui, poi lei, con Nazia che decide di parlare per la prima volta. Lo fa ripercorrendo tutta la giornata del 30 aprile. Partendo dal mattino, affiancata dall’inteprete, dichiarandosi depressa. Rivendica la voglia di vedere il figlio Ali Haider. E ricorda quella maledetta data. I baci alla figlia Saman, la paura "che se ne andasse e tornasse in comunità, un evento che mi ha iniziato a far soffrire di attacchi di panico. Oggi mi sento morta anche io", racconta la madre Nazia, difesa dall’avvocato Simone Servillo, chiedendo anche la sospensione dell’udienza per 15 minuti. Poi, le ore fatidiche di quella sera "quando siamo usciti tutti insieme da casa, come si vede dalla telecamere. Ma sarebbero state utili anche le riprese audio perché noi pregavamo che non se ne andasse. Saman invece camminava velocemente, era molto buio e l’ho vista svanire", prosegue davanti al giudice Domenico Pasquale Stigliano. Una versione confermata un’ora dopo dal marito Shabbar "non vedemmo più nulla", difeso invece dall’avvocato Sheila Foti.

I due però contraddicono quanto dichiarato nelle precedenti udienze dal fratello di Saman, all’epoca dei fatti minorenne. "Non c’è stata alcuna discussione, l’unica nostra richiesta è che lei rimanesse con noi, che non si allontanasse. E non è vero che che ci siamo radunati per parlare di nostra figlia". Il riferimento è al fratello di Shabbar, Danish Hasnain, zio di Saman, condannato in primo grado a 14 anni: "Non è vero che la sera del 30 aprile era a casa nostra". Ma Danish, difeso dall’avvocato Liborio Cataliotti, è finito al centro delle parole di Shabbar, sia per quanto concerne le chiamate per punire il fidanzato di Saman, Saqib Ayub, assistito dall’avvocato Barbara Iannuccelli, che per i momenti coincitati di quella sera, in compagnia dei cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, assolti in primo grado e difesi, rispettivamente, dagli avvocati Marigrazia Petrelli e Luigi Scarcella. "Quello che è successo è accaduto il 30 aprile. Ma io non so cosa è successo e cosa è stato fatto. Ho sentito Danish che ha dichiarato che erano presenti lui e gli altri due. Penso quindi siano stati loro tre".

Ma perché Shabbar decise di chiamarlo? Pochi momenti prima dell’ultima uscita di casa della 18enne "c’era stata una chiamata di lei dal bagno, dove diceva ‘vieni a prendermi’. Pensavo fosse il ragazzo con cui stava. Così telefonai a Danish e gli dissi di dare una lezione al ragazzo, ma di non picchiarlo troppo. Io avevo mal di schiena. Mi disse che ci avrebbero pensato loro – ha aggiunto il padre di Saman riferendosi all’ultima telefonata tra i due –. Ma io ero un po’ preoccupato, così sono uscito per controllare, ma non vedendo nessuno, sono rientrato. La mattina dopo, verso le 7.30, sono venuti a casa e dopo il caffè gli ho chiesto poi cosa avessero fatto e loro mi hanno risposto ’niente’". Poi la partenza per il Pakistan, "dove abbiamo appreso la scomparsa di nostra figlia", dicono i due, paese da cui sia Shabbar che Nazia sono stati estradati tra agosto del 2023 e del 2024. L’unica certezza, tra racconti aggrovigliati e contraddittori dei diversi familiari, è che il clan, come l’aveva definito la procura di Reggio Emilia, si è spezzato. Ma i fili dell’omicidio, con il corpo della giovane ritrovato interrato nel novembre del 2022 nei pressi dell’abitazione, un anno e mezzo dopo quella sera, sono invece ancora da ricostruire. Attesa un’altra udienza, la quinta, il 4 aprile.