di P.f. De Robertis
Andrea Manciulli, direttore delle Relazioni istituzionali della Fondazione Med’or, la fondazione presieduta da Marco Minniti che cura le relazioni italiane con i paesi del Mediterraneo allargato, perché quanto sta accadendo in Sudan ci interessa così da vicino?
"Il Sudan è importantissimo perché si tratta dell’ennesimo episodio nel quale si palesa un’ingerenza della Russia. Dietro al fronte dei ribelli ci sono i russi. Il Sudan è il pezzo che manca alla Russia per poter esercitare un’influenza decisiva in tutta la fascia sub-sahariana, e quindi controllare tutto lo spazio di territorio che va dal Sahel, al Corno d’Africa fino al golfo di Aden. Da ovest a est".
L’obiettivo strategico qual è?
"Vorrebbero ’spaccare’ in due l’Africa, così da influenzare tutti i tipi di traffici, dalle terre rare fino all’immigrazione clandestina, ed esercitare in quel modo un’indiretta forma di destabilizzazione sull’Europa e su tutto l’Occidente. Lasciare questa fascia di territorio in mano ad attori non europei, è per l’Ue un rischio enorme".
Che cosa deve fare l’Europa?
"Tutto ciò interroga profondamente il ruolo dell’Italia e dell’Europa. La recente visita del presidente Meloni in Etiopia, quella del mese scorso del presidente Mattarella in Kenya sono un esempio positivo del ruolo che deve svolgere il nostro Paese, non guardando alle etichette politiche. E proprio in questo senso va l’attività che cerchiamo di svolgere come fondazione, ospitando il presidente del Niger e della Somalia. Tutti pezzi di uno stesso puzzle che vuole valorizzare l’interesse nazionale ed europeo".
Nei primi mesi di vita come si è mosso il governo?
"Meloni, ma anche Tajani e Crosetto, hanno messo come punto sostanziale della politica estera italiana le relazioni con l’Africa. È una scelta giusta, così come quella di riaprire le relazioni positive con alcuni attori importanti. Emirati Arabi, Egitto, Algeria, Somalia, Etiopia, Niger. Ma bisogna non commettere l’errore di farlo da soli, il vero ruolo dell’Italia deve essere spostare l’interesse della Ue sull’Africa".
Lo sfondo di tutto è l’energia, ma anche i migranti.
"L’Africa impatta profondamente su questo tema. È giusto piangere per la cattiva sorte dei migranti, ma è altrettanto importante adottare politiche attive per impedire che certe tragedie avvengano. Assumendoci responsabilità, noi e l’Europa".
Che cosa fare?
"Per prima cosa cooperare con Francia, Spagna e Grecia. Paesi, come noi, mediterranei che sappiano interpretare questa nuova fase. E su quello costruire un’intesa più vasta che in sede Ue faccia lobbing positiva verso il Mediterraneo".
Nel concreto?
"Bisogna sostenere i Paesi che stanno difendendo il potere legittimo in quelle aree. In due modi".
Partiamo dal primo.
"Dotarsi di una forza, se serve anche di intervento militare, per svolgere una funzione di pacificazione positivo dell’altra sponda".
Il secondo.
"Creare una linea di sostegno economico alle loro fragili economie legali, sempre più messe a dura prova. Come crediamo che la Cina, la Russia e la Turchia stiano penetrando in queste zone? Bisogna soprattutto capire che se non facciamo noi tale sforzo, lo faranno altri, in maniera competitiva verso l’Europa e verso l’Occidente".
Servono molti soldi?
"L’importante è che passi il concetto: l’Africa ha bisogno dell’Europa perché all’Europa e a tutto l’Occidente interessa stabilizzare l’Africa. Bisogna essere disponibili a spendere mettendo in campo una nuova stagione di fondi europei dedicati a questa sfida".
Anche all’Occidente, e non solo alla Ue.
"All’Occidente e alla Nato. Si tratta di una sorta di divisione dei compiti. Per comprendere la portata geopolitica del mio discorso basta osservare che sta facendo la Cina".
Che cosa?
"La Cina sta intensificando i rapporti con tutti i Paesi che hanno una visione diversa da quella dell’Occidente. Guardiamo le visite internazionali degli ultimi mesi, il riavvicinamento tra Pechino e Arabia Saudita, la Cina che si candida come mediatrice di una possibile pacificazione tra Iran e Arabia, il nuovo atteggiamento sulla vicenda siriana. La Cina si sta muovendo diplomaticamente con grande forza per organizzare un campo alternativo all’Occidente".
È un caso che le più importanti crisi geopolitiche mondiali siano tutte ai confini dell’Europa?
"Per niente. Siamo talvolta percepiti come deboli e queste sono le conseguenze. Occorre al più presto assumere un ruolo attivo. Perché se i problemi non li risolvi, i problemi ti vengono a cercare".
Ne vede altri?
"Il prossimo fronte a rischio è la Tunisia, che è in grande difficoltà. Se non concorriamo noi a stabilizzarla, lo faranno altri. E se lo facessero ci troveremmo buona parte della sponda sud del Mediterraneo in mani a noi ostili".
Lei ha parlato di una necessaria intesa forte con Francia e Spagna. Ma i rapporti tra Meloni, Macron e Sanchez hanno avuto momenti difficili.
"Il problema tra Francia e Italia, e per certi versi Spagna, è esistito, inutile nasconderlo. Ma dobbiamo lavorare tutti per un miglioramento. È questo lo spirito del trattato del Quirinale, una scelta lungimirante. Come fondazione Med’Or abbiamo organizzato un seminario riservato con la Francia, mettendo intorno a un tavolo gli attori giusti e iniziando a parlare delle cose che ci dividono prima che di quelle che ci uniscono. L’esito è stato positivo. C’è un terreno sul quale si può lavorare. Mi pare fra l’altro che Meloni e Macron abbiano cominciato un nuovo livello di interlocuzione. Se si sta ai fatti concreti e agli interessi comuni una strada si può trovare, così come con la Spagna".