Lunedì 10 Febbraio 2025
FILIPPO BONI
Cronaca

Gli insulti al calciatore Kean. Italia razzista anche allo stadio

L’attaccante della Fiorentina e della nazionale azzurra bersagliato dopo la partita con l’Inter. È solo l’ultimo episodio di una lunga serie in un contesto che dovrebbe essere invece inclusivo.

L’attaccante della Fiorentina Moise Kean ricoperto di insulti razzisti sui social e la sua risposta

L’attaccante della Fiorentina Moise Kean ricoperto di insulti razzisti sui social e la sua risposta

Milano, 12 febbraio 2025 – "Non ci sono negri italiani". "Scimmia del ca…o fai vedere i muscoli…". "Fai ca…re, non hai fatto un ca…o oggi, scimmia!". Sono tanti, ma troppi sarebbero anche se fossero stati uno solo. I ripugnanti insulti razzisti ricevuti e pubblicati sui social dal centravanti della Fiorentina e dell’Italia Moise Kean dopo la partita Inter-Fiorentina di lunedì sera, ci raccontano che il razzismo è un fenomeno atavico in preoccupante ascesa nel nostro Paese. Questo è solo l’ultimo episodio di una lunga serie.

Alcuni giorni fa, un video diffuso online dalla stampa, mostrava una madre di una giocatrice di basket femminile U19 sugli spalti di un campo, a Rimini, urlare a un’avversaria dalla pelle scura: "Non ti vergogni? Sei una scimmia!".

I casi sono innumerevoli, in tutti gli ambiti della società, e solo alcuni salgono alla ribalta delle cronache provocando sdegno nell’opinione pubblica. La maggior parte resta in silenzio, sotto traccia. Il ribrezzo che tutto questo suscita si moltiplica poi esponenzialmente se si pensa che molte vicende simili si verificano proprio intorno ai campi sportivi, fulcro per eccellenza della ricchezza di multietnicità, un valore primario e assoluto dell’intera umanità.

Ma lo sport è anche lo specchio della società e che il razzismo in Italia sia in crescita non lo dice un’opinione, ma soprattutto gli ultimi studi statistici. L’agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (Fra), in un recente studio, ha sottolineato che un migrante di origine africana su due vive in abitazioni sovraffollate e il 49% dichiara di essere stato discriminato per ragioni razziali quando si è presentato al colloquio di lavoro. Si tratta della percentuale più alta nella Ue. Nel 2022 il 34% degli intervistati in Italia aveva dichiarato di aver subito una forma di discriminazione dal punto di vista razziale. Nel 2015 erano il 10% in meno.

Nell’ottobre scorso l’Ecri, un organo di monitoraggio del Consiglio d’Europa specializzato nel contrasto a ogni forma di razzismo, xenofobia, antisemitismo e intolleranza, ha invitato l’Italia ad adottare provvedimenti per supplire alle tante mancanze del nostro Paese in quest’ambito, tra cui l’assenza di un piano d’azione nazionale contro il razzismo e l’annosa questione della mancata indipendenza di Unar, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali.

Ma ciò che manca davvero è un enorme, martellante, sfiancante, necessario, lavoro culturale da mettere in atto soprattutto con i giovani e con le famiglie.

L’Italia si scoprì razzista durante il fascismo con le atroci leggi razziali firmate dal re nel 1938, eppure, storicamente, è sempre stato un Paese accogliente e figlio dell’intreccio genetico di differenti culture, popoli ed etnie. I fenomeni migratori degli ultimi trent’anni, hanno provocato un ingiustificato sentimento di paura e un repellente rigurgito razzista e xenofobo in una parte di italiani che nutre i peggiori istinti dell’essere umano, alimentati anche dai social. Ma spesso anche nella costruzione della memoria collettiva il nostro Paese si dimostra razzista, edificando una cerimonialità del lutto solo su alcuni caduti della Storia, sminuendo o, ancor peggio, ignorandone altri.

Che fare, dunque? Nessuno è nato odiando qualcuno per il colore della pelle o per la sua religione. Gli esseri umani hanno imparato a odiare. Ma se hanno appreso a odiare possono anche imparare ad amare. Incondizionatamente. È in ballo il futuro dell’umanità.