Entravano nelle vite degli altri. In camera da letto. Nelle stanze dei loro figli. In bagno. Usavano il modo più subdolo, facendo leva proprio su quelle telecamere che i proprietari di casa avevano fatto installare (o più di frequente si erano installati da soli) per proteggersi dagli intrusi. Dopo aver bucato sistemi non proprio sofisticati (magari acquistati a prezzi di saldo) e password altrettanto semplici da indovinare (spesso le stesse fornite alla consegna e mai aggiornate), gli hacker si impossessavano di quei filmati intimi a totale insaputa delle persone riprese e li sfruttavano per guadagnarci sopra, dopo scrupolosa cernita dei frame che immortalavano scene di sesso o di autoerotismo. Lo stesso avveniva per gli occhi elettronici a guardia di palestre e piscine, centri commerciali e studi medici. Poi i fotogrammi venivano dati in pasto ai voyeur sulle app di messaggistica istantanea ritenute meno vulnerabili (prima il Facebook russo Vk, poi Telegram): la sezione Premium, con accesso subordinato al pagamento di 20 euro, contava più di 2mila utenti; quella Vip era invece ristretta a qualche centinaio di iscritti, che per 40 euro avevano la possibilità di scegliere quando e cosa guardare.
Telecamere, smartphone e tablet. Ecco come neutralizzare chi spia
Ieri gli agenti della polizia postale di Milano, guidati dalla dirigente Tiziana Liguori e dal funzionario Rocco Nardulli, hanno smantellato due gruppi criminali che agivano in parallelo: al netto delle probabili interconnessioni ancora da approfondire, i "team", così si definivano, avevano entrambi l’obiettivo dichiarato di lucrare sulla privacy violata. L’inchiesta, coordinata dai procuratori aggiunti Letizia Mannella ed Eugenio Fusco e dai pm Bianca Baj Macario e Giovanni Tarzia, ha preso spunto nel 2019 da una segnalazione delle forze dell’ordine neozelandesi, che investigando su un giro di immagini pedopornografiche sono arrivate a un italiano poi arrestato. Dall’analisi del materiale sequestrato, sono emerse tracce dell’altro tipo di commercio clandestino, che hanno dato linfa alla nuova indagine. Poi è arrivata la denuncia del frequentatore di una piscina brianzola, che ha scoperto grazie a un amico che le immagini registrate da una telecamera sistemata nel tragitto tra l’entrata e gli spogliatoi finivano in circuiti esterni. Per i poliziotti non è stato semplice svelare le identità degli indagati, abilissimi nella cyber "anonimizzazione": nel corso delle dieci perquisizioni (l’undicesimo denunciato, un ucraino, è irreperibile), hanno scoperto, ad esempio, che lo "smanettone" di uno dei due gruppi è un diciassettenne riminese, che per un periodo avrebbe anche incassato i proventi illeciti della vendita di filmati per conto degli altri tre e che ora dovrà rispondere di accesso abusivo a sistemi informatici e interferenze illecite nella vita privata.
Nell’altro team erano in sette, tra cui un grafico pubblicitario milanese di 43 anni che svolgeva il ruolo di pr, sviluppando i claim delle campagne promozionali e i video-civetta acchiappa clienti. In questo caso, tra i reati contestati c’è pure quello di associazione a delinquere, visto che gli agenti sono riusciti a ricostruire ruoli e compiti ben precisi: c’erano gli hacker, che prima scandagliavano la Rete a caccia di impianti di videosorveglianza connessi al web e poi, con veri e propri attacchi informatici, riuscivano a scovare le password dei videoregistratori digitali (Nvr) a cui normalmente vengono collegate le telecamere; c’erano coloro che si occupavano di selezionare i fotogrammi, privilegiando quelli più espliciti, e di trasferirli agli utenti via app; e infine c’erano quelli che reinvestivano gli incassi (50mila euro in bitcoin l’ammontare della cifra finora sequestrata) per acquistare software sempre più aggiornati. Un mondo che si autoalimentava e che scorreva sotterraneo nelle esistenze apparentemente normali di titolari di imprese edili, disoccupati col reddito di cittadinanza e baristi. Un mondo che loro credevano inespugnabile: "La polizia italiana mette le denunce in un cassetto", si dicevano divertiti.