Udine, 5 giugno 2024 – Il giorno della camera ardente con le ragazze vestite da sposa. Di una madre affranta che dice "forse potevano salvarla anziché fare i video". Di Cristian che ancora non si trova. E della piega sorprendente presa dalle indagini: non più fascicolo informativo, senza indagati né ipotesi di reato, ma inchiesta per omicidio colposo contro ignoti. Perché Patrizia Doros, adesso in una bara vicino all’amica Bianca Cormos, di telefonate disperate al 112 ne ha fatte quattro in mezzora. E l’ultima è stata senza risposta. Non c’è fine all’orrore. I due corpi ritrovati dopo la morte per "asfissia da annegamento e traumatismi vari", quello che ancora si sta cercando. E una domanda: perché i soccorsi non sono scattati alla prima richiesta di aiuto?
Il punto sulla tragedia dei tre giovani travolti venerdì dall’onda di piena del Natisone lo fa in conferenza stampa il procuratore Massimo Lia: "Verificheremo se i soccorsi sono stati tempestivi. In queste vicende per procedere bisogna configurare responsabilità di tipo omissivo, non commissivo. Allo stato attuale mi preme però segnalare che non ci sono elementi specifici che ci fanno andare in questa direzione". Una sinistra fatalità? Forse. La prima telefonata di Patrizia da un cellulare che ancora oggi funziona è delle 13.29, le altre tre richieste di aiuto partono nei minuti immediatamente successivi. "Tutto si è svolto in un arco temporale di mezz’ora – spiega il procuratore –. Da una situazione di apparente tranquillità al tumultuoso scorrere del fiume che li ha travolti". Ogni dettaglio verrà acquisito e vagliato, assicura: l’utilizzo dell’elicottero, la cartellonistica che vieta la balneazione, soprattutto le tempistiche dal primo allarme all’arrivo dei soccorritori. Aggiunge che il medico legale si è limitato a un esame esterno dei corpi per consentire la loro restituzione alle famiglie, che non ci sono dubbi sulla dinamica e le cause del decesso.
Patrizia e Bianca, con l’abito da sposa come usa in Romania, sono nella casa funeraria a Udine vicino al cimitero e oggi dopo il rito ortodosso partiranno per essere sepolte in Transilvania. "Penso che mia figlia si sarebbe potuta salvare anche da sola – dice Micaela, la madre di Patrizia – Ha aspettato la sua amica che non sapeva nuotare ma lei sì, l’ho portata dove le hanno insegnato perché così in mare o in piscina sarebbe venuta sempre a galla". Piange, non chiede giustizia: "Vorrei solo che non fossero morte invano, magari che si fosse più pronti a salvare le persone, con meno autorizzazioni". La sua ragazza studiava, lavorava e sapeva divertirsi. Ma chiedeva il permesso per andare a bere un caffè, a 21 anni. La notte prima della tragedia erano rimaste a parlare fino alle 2: "Poi ha studiato fino alle 4 e alle sei e mezza si è alzata per andare a dare l’esame". Verso mezzogiorno ha chiamato per sapere se poteva andare al lago, a Premaricco: "Facciamo una passeggiata, un po’ di foto, e poi torno a dormire".