Roma, 20 novembre 2023 – Elisabetta Aldrovandi, avvocato. Giulia Cecchettin uccisa e la violenza tra i giovanissimi. Da presidente dell’Osservatorio nazionale sostegno vittime e ‘consulente esperto’ della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, quali segnali vede?
"Stanno aumentando i reati spia, lo dicono i dati tra il 2019 e il 2022”.
Che cosa s’intende con questa definizione?
"Parlo di maltrattamenti, violenze psicologiche e sessuali, reati persecutori. E sono molto frequenti anche tra i giovani”.
Chi li subisce, li riconosce?
"Non è detto, e il problema è proprio questo. Spesso non ci si rende conto di essere vittime di un reato spia, potenzialmente pericoloso. Che rappresenta l’anticamera del femminicidio. Esattamente quello che viveva Giulia Cecchettin. Purtroppo la ‘vittima perfetta’, magari aveva paura ma minimizzava”.
Quindi una non denuncia si può spiegare anche così.
"Assolutamente sì”.
Il ministro Nordio ha insistito sui segnali da cogliere. Quali sono le armi della legge? Che cosa si può fare subito?
“Ci sono stati dei tentativi: è stato inasprito il codice rosso, si parla tanto di educazione sentimentale nelle scuole. Ma la ‘formazione’ va fatta anche ai genitori. Sono loro che vanno chiamati a seguire questi corsi, chiamiamoli così. Perché se il giovane apprende e assorbe principi importanti e poi torna a casa e assiste a situazioni di prevaricazione tra i genitori, quale esempio riceve?”.
Questo cambiamento richiede generazioni…
"Vero, ma se non si parte mai… Con i ruoli istituzionali e la docenza di criminologia, ho a che fare tutti i giorni con i ragazzi. E trovo di continuo questa dinamica della violenza interpersonale”.
Che forme prende?
"Vedo che queste nuove generazioni sono molto accoglienti, molto aperte mentalmente nei confronti dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere, della fluidità, verso chi è straniero o appartiene ad altre religioni. Ma nei rapporti sentimentali tra di loro, replicano dinamiche di controllo, di manipolazione, che sono tipiche di persone molto più grandi, con mentalità patriarcali. Come mai avviene?”.
Che risposte si dà, da criminologa?
"Mi chiedo: c’è un’insicurezza nei giovani? Hanno paura comunque di perdere il controllo? Perché si perpetua comunque l’idea che la persona con cui stai è qualcuno che ‘hai’, non qualcuno con cui sei. Le due cose sono molto diverse. C’entra l’idea della persona come oggetto da possedere? Questa è comunque una dinamica frequentissima”.
Cosa le raccontano i ragazzi?
"Cose incredibili, per l’età. Si lasciano, magari l’ex non accetta la decisione e continua a insistere, anche via Instagram. Una cosa che fanno in modo compulsivo, controllare i like che l’ex mette ai post di altre persone”.
Una follia.
"A volte si raggiungono livelli di insicurezza e controllo sull’altro con un rischio altissimo che il fenomeno diventi patologico. Se mi permetto di controllare cosa fai con i tuoi social, se ti voglio controllare il telefono, se ti mando 100 messaggi al giorno quando non sei con me... Questa è mania di controllo. Non è protezione, non è amore. Ripeto: ne sono vittima tantissime persone, ma non se ne rendono conto. Non è detto che il femminicidio sia l’apice di anni di botte e pugni. La violenza è anche psicologica. Ed è anche più pericolosa di quella fisica perché più subdola, non la riconosci”.
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