INDIRE un giubileo straordinario al tempo dell’Isis e dedicarlo al tema della Misericordia. Ha un senso o è semplice pietismo buonistico? Questo papa, che molti giudicano un picconatore della tradizione cattolica, ha uno straordinario senso del simbolo e della liturgia: e non fa nulla d’improprio o di arbitrario. Si è riallacciato con grande precisione alla consuetudine dei giubilei straordinari da tenersi ogni trentatré anni (durata convenzionale della vita di Gesù), secondo una decisione assunta nel 1389 da Urbano VI; ha quindi avviato un discorso simbolico strettamente connesso al precedente giubileo straordinario, quello che Giovani Paolo II aveva indetto nel 1983 (trentatré anni fa) dedicandolo al Salvatore e che si era concluso con la dedicazione del mondo a Maria; e inaugurerà il suo Anno Santo appunto nella grande festa mariana dell’Immacolata Concezione.
MA, secondo la cifra penitenziale del suo pontificato che ha messo da parte le insegne della potestas pontificia (il rosso e l’oro “imperiali” sulle vesti), si è distinto dal grande Wojtyła il quale aprì solennemente nel Natale del 1999 il giubileo ordinario presentandosi dinanzi alla Porta Santa con un ricchissimo piviale dei cangianti colori dei Gran Sacerdoti del Tempio di Gerusalemme. Papa Bergoglio, nella sua ‘anteprima’ di questo giubileo straordinario, aprendo nella Prima Domenica d’Avvento (il 29 novembre scorso, primo giorno del nuovo Anno Liturgico) la Porta Santa della cattedrale di Bangui nella Repubblica Centroafricana, indossava un semplice piviale di color verde, appunto il colore liturgico penitenziale dell’Avvento: il medesimo piviale della messa solenne di domenica 6 dicembre in San Pietro. Il suo giubileo è cominciato dalla periferia delle periferie, l’Africa, perché questo è il suo magistero: ricominciare dalle periferie la riconquista cristiana, vedere il mondo dalle periferie perché solo da là si rendono visibili errori e ingiustizie che dall’opulento centro del mondo ci sfuggono, e che invece sono la radice profonda delle ingiustizie che ci minacciano tutti.
Misericordia, dunque: che per il papa non è affatto quel tipo di compassione che costa poco, la distratta elemosina facendo la quale ci autoassolviamo da qualunque debito contratto nei confronti del nostro prossimo. Il papa, anche commentando il summit parigino sul clima, ha sottolineato – in linea con la sua splendida enciclica Laudato si’, che quel che oggi occorre è la costruzione seria, sistematica e pacata di un mondo più giusto, un mondo di solidarietà e di sostenibilità. Queste non sono pastorellerie ecologistiche. Se guardiamo alla nostra vita quotidiana e a quella di un qualunque villaggio dell’Africa centrale scorgiamo immediatamente la radice di tutti i mali. L’Africa è il continente più ricco della terra in termini di risorse del suolo e del sottosuolo: e i suoi poveri sono tra i più miserabili, mentre le sue risorse vengono spietatamente drenate da lobbies multinazionali che, in combutta con i locali governi corrotti, non fanno nulla per un minimo di sviluppo delle popolazioni locali obbligandole a vivere in una miseria disumana o a migrare. L’informazione capillare fornita però – anche a loro! – dai mezzi informatici e telematici moderni si va trasformando in coscienza diffusa; e la coscienza in ribellione.
È QUESTO che alimenta il fanatismo dell’Isis e aumenterà in futuro altre forme di odio e di ribellione alle quali sarà da parte nostra legittimo e doveroso il difendersi, ma ancor più doveroso e necessario il combattere le cause di esse fino a rimuoverle. Questo è il senso del giubileo di Misericordia al tempo dell’Isis. Chi non lo capisce e non pensa sul serio a come porre riparo alle ingiustizie danneggia anche se stesso. Il mantenimento di un tono di vita elevato da parte nostra rende indispensabile la fondazione di un mondo nel quale vi sia il minimo indispensabile di dignità per tutti.