Martedì 16 Luglio 2024
GIOVANNI ROSSI
Cronaca

I giovani e le vite in Rete, lo psicologo: "Narcisisti e aggressivi. Ma la colpa è dei genitori"

L ’analisi del professor Lancini dopo il caso del Suv killer. “Adesso gli sponsor e le piattaforme fanno finta di non conoscerli”

Roma, 18 giugno 2023 – “Adesso gli sponsor e le piattaforme fanno finta di non conoscerli. Adesso. La realtà è che, al netto delle responsabilità penali, quei ragazzi occupavano un preciso posto nelle gerarchie della Rete. Erano gente di successo di questa società dissociata". Matteo Lancini, 57 anni, psicoterapeuta e presidente della Fondazione Minotauro, entra senza ipocrisie nel caso aperto da i ’TheBorderline’ e dalla loro challenge mortale.

Un fermo immagine di un video dei TheBorderline e l'omaggio dei romani al piccolo Manuel (foto Ansa)
Un fermo immagine di un video dei TheBorderline e l'omaggio dei romani al piccolo Manuel (foto Ansa)

Professore, al netto degli addebiti individuali e penali, che ragionamento possiamo fare?

"Questa è la società della competizione e dell’individualismo sfrenato. Dove tutto deve sempre andare bene. Dove la sconfitta non è ammessa. Dove la gioia in forma di selfie è la principale modalità di comunicazione. Poi non possiamo fingere di meravigliarci, all’improvviso, se un’intera generazione nutrita da questo sistema valoriale passa all’incasso secondo schemi e leggi di mercato".

E le risate post tragedia? I follower in più grazie alla morte?

"La rimozione del dolore dipende dalla pornografizzazione in atto di ogni ambito della vita inclusa la sfera sentimentale. La scomparsa di qualsiasi senso di vergogna ormai da tempo non ha argini e confini. Ma sono stati gli adulti i battistrada".

Responsabilità assegnata?

"Certo. Ha presente quelli che fanno i selfie in chiesa vicino alla bara? O che al funerale lanciano l’applauso? Quando ero bambino, se a una cerimonia funebre qualcuno avesse rotto il silenzio commemorativo con un applauso, avrebbe rischiato di essere ammazzato sul sagrato. Oggi siamo all’opposto. Ma non è un’invenzione dei ragazzi. È un prodotto degli adulti, il format che domina la scena nei media, in economia o in politica".

Eppure dovrebbe esistere un implacabile principio di realtà, una lampadina di intelligenza naturalmente accesa al confine tra il digitale e la vita.

"Magari. Invece basta scorrere le chat genitoriali di classe, oppure quelle sbocciate in Rete tra papà e mamme attorno alle squadrette di calcio dove giocano i figli: i messaggi degli adulti trasudano aggressività e prevaricazione, stanno nel bullismo conclamato. Il narcisismo primario non è quindi dei ragazzi, ma dei genitori con lo smartphone in mano. Adulti in perenne modalità ripresa che proiettano sui figli la propria ansia di prestazione o di avanzata sociale. I ragazzi crescono in questo humus. Destinati ad assorbirlo".

Secondo un metro universale.

"Follower e like si misurano, hanno un valore economico. Perché ci stupiamo, allora, che i ragazzi seguano il modello vincente quando un politico, un influencer, un economista, un saggista ogni giorno spremono lo stesso format non tanto offrendo contenuti, quanto cercando rissa, insulto o bravata?"

La ricetta ’meno telefonino’?

"Quando mai. Lo spengano i genitori, lo smartphone, anziché fare gli ipocriti. E gli insegnanti lo lascino ai ragazzi anche a scuola per studiare e imparare. Se dobbiamo vivere una vita onlife, perennemente interconnessi, mondo virtuale e reale non possono essere più divisi. Toccherà al’intelligenza artificiale abbattere gli ultimi steccati".

La sua proposta, allora?

"Scuola e famiglia, se vogliono davvero educare alla consapevolezza, devono procedere per obiettivi e lasciare i ragazzi più liberi già da bambini. C’è un eccesso di protezione. La restituzione dei giovani ai propri corpi passa necessariamente da un anticipo di libertà nelle esperienze, da un salto di qualità nei programmi educativi, oltre che da un riposizionamento critico degli adulti sul piano dei modelli e dei comportamenti".