Roma, 30 dicembre 2019 - Il suo sogno di bambina l’ha realizzato: vivere e lavorare in quelle campagne dove da piccola cavalcava e portava i suoi cani a correre. Lei è Maria Letizia Gardoni, 31 anni, marchigiana, da sempre appassionata di vita green. Nel 2009 ha fondato l’azienda agricola ‘Un podere sul fiume’: dieci ettari nel verde di Osimo, cittadina della Riviera del Conero. Un eden protetto nell’oasi fluviale del Musone, dalle sponde d’importante valore ambientale, dedicato alla produzione e trasformazione di frutta, ortaggi, legumi e cereali. Il tutto rigorosamente all’insegna della sicurezza alimentare e del rispetto dell’ambiente."Il mio segreto? Aver seguito un flusso naturale che sentivo fin da bambina", sintetizza Maria Letizia. "E poi, non mollare mai, soprattutto davanti alle difficoltà".
LO STUDIO / La campagna amica dei giovani
Come si diventa imprenditori agricoli nascendo in una famiglia non ‘del settore’? "I miei genitori erano dipendenti pubblici, oggi pensionati. Ma con forte e innata sensibilità per l’ambiente. Io sono comunque cresciuta nella natura, tra piante e animali, sviluppando quindi una grande passione. Il mio sogno di bambina era avere una mia fattoria, essendo soprattutto appassionata di cavalli. Crescendo ho capito che questa sensibilità potevo trasformarla in qualcos’altro".
Quali studi ha seguito? "Il liceo classico, che considero la mia vera scuola di formazione per l’elasticità mentale che costruisce, e poi la facoltà di Agraria di Ancona, dove mi sono laureata con una tesi sullo spopolamento degli alveari. Avevo cominciato, dopo la laurea breve, a frequentare i corsi per la magistrale. Ma all’improvviso, almeno apparentemente, è successo qualcosa: una mattina, mentre ero in un’aula a lezione, mi sono sentita ‘fuori posto’. Come se quello non fosse il luogo dove dovevo stare. C’era in me da tempo la necessità di cominciare a ’fare’ in concreto".
Com’è passata dalla teoria ai fatti? "Qui viene il difficile. Non avevamo mai avuto un terreno di proprietà, né ereditato né tantomeno acquistato. Ho espresso la mia volontà in famiglia e ho trovato i miei genitori ricettivi, anche se la mamma forse mi immaginava più nel campo dello studio e della ricerca accademica. Fatto sta che i miei genitori hanno messo da parte le perplessità e hanno creduto nel mio sogno e nel valore di un investimento nella terra".
Era comunque un salto nel buio "Lo era. C’era di mezzo un forte investimento finanziario, dato che si trattava di dieci ettari in un unico appezzamento e col casolare al centro, in una zona molto bella e che negli anni abbiamo continuato a valorizzare. D’altronde era quel terreno dove da piccola passeggiavo con i miei cani e che avevo sempre vissuto come ritrovo di me stessa. Un luogo che conoscevo palmo a palmo e che sentivo essere nel mio destino. Fatto sta che i miei genitori hanno investito le loro liquidazioni per potermi aiutare. Io avevo vent’anni, accesi un mutuo ipotecario, avendo alle spalle la loro garanzia".
Quali le difficoltà più dure da superare? "È un settore che ha a che fare con i ritmi della natura e quindi non dà risposte immediate ma bisogna rispettare una ciclicità. Mi trovavo ad avere il mutuo e intanto svolgevo altri lavori per poter pagare la rata mensile. In verità ero abituata a lavorare fin dai sedici anni, mentre studiavo. I primi due anni sono stati di sacrificio. Abbiamo bonificato il terreno, che era stato abbandonato ed era anche privo di strada d’accesso. Un periodo di duro lavoro, in cui ho pensato qualche volta ‘chi me l’ha fatto fare?’ Ma in quei momenti pensavo anche che quella era la mia dimensione e che altre non ce ne erano. Eccetto, forse, fare la guardia forestale a cavallo".
Oggi che cosa producete? "Ortofrutta certificata biologica, fresca e trasformata. Abbiamo un nostro laboratorio aziendale dove facciamo creme salate, preparati per minestroni, confetture, succhi di frutta. Tutto nasce e si trasforma all’interno dell’azienda".
Quali consigli darebbe a un giovane che vuole diventare imprenditore agricolo? "Per chi parte da zero il primo vero problema è l’acquisto del terreno e delle attrezzature. Ma esistono fondi europei a cui poter attingere. Io se tornassi indietro valuterei meglio queste possibilità. Il ricambio generazionale è uno dei fattori più necessari per il nostro settore. Non è un caso che i giovani agricoltori investano nel biologico. Ma, per quanto il trend dei giovani che scelgono l’agricoltura sia in crescita, c’è ancora molto lavoro da da fare".