(Treviso)
La bara bianca coperta da fiori colorati e bagnata dalle lacrime di Nicola Scapinello, il compagno disperato; diversi fiocchi rossi indossati dai presenti – cinquecento nel Duomo, centinaia in piazza –; le parole dure del vescovo di Treviso, Michele Tomasi, nell’omelia: "La brutale uccisione di Vanessa Ballan e del bambino che portava in grembo è il male. E con il male non possiamo e non abbiamo il diritto di venire a patti. Perché non c’è mai alcun motivo che giustifichi questa violenza".
La commozione ha regnato ieri pomeriggio per i funerali - nella chiesa la famiglia non ha permesso l’ingresso di fotografi e cineoperatori - della ventiseienne barbaramente uccisa il 19 dicembre dall’ex amante Bujar Fandaj, artigiano quarantunenne originario del Kosovo ora in carcere non solo per l’omicidio ma anche per stalking e violenza sessuale.
Il rito si è svolto a Castelfranco, il Paese dove sia la vittima sia il compagno erano nati e cresciuti prima di trasferirsi non molto lontano, a Riese Pio X, dove Vanessa, già madre di un bimbo di quattro anni mezzo, lavorava all’Eurospin e dove nella casa di via Fornasette in frazione Spineda è stata massacrata.
Parlando alla folla ancora piena di dolore, monsignor Tomasi ha richiamato la "civiltà a rifiutare la violenza sulle donne" perché quel che troppo spesso si ripete è "al di fuori di ogni pur pessimistica previsione".
Il prelato ha invocato "il silenzio dal clamore con la preghiera", ma non "il silenzio nella ricerca della giustizia e nemmeno nell’impegno perché si superi finalmente la follia di voler possedere una persona, o di volerne determinare con la violenza scelte e decisioni".
Nel Duomo, in una giornata di lutto per tutto il Veneto con le bandiere degli edifici pubblici a mezz’asta, c’era il presidente della Regione, Luca Zaia, assai provato da questo ennesimo smacco dopo quello della morte l’11 novembre di Giulia Cecchettin. Con lui altre autorità, tanti amici e conoscenti della coppia e persone comuni.
Non si ferma intanto l’attività investigativa non tanto sulle responsabilità di Fandaj, ma quanto sulla domanda drammatica che ci si è posti fin dal momento in chi è stato ritrovato il corpo senza vita di Vanessa, a mezzogiorno del 19 dicembre quando Nicola tornando dal suo lavoro di pavimentista l’ha trovata morta sulla porta di casa, e che si è fatta anche il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ordinando un procedimento interno: poteva essere salvata?
La denuncia nei confronti di Fandaj per stalking e revenge porn per avere minacciato di divulgare per ricatto i loro video intimi poteva portare a un provvedimento drastico per il kosovaro? "Se c’è stata una sottovalutazione del caso ce lo spiegherà il procuratore, persona preparata e seria – ha detto il sottosegretario Andrea Ostellari, presente alla funzione –. Per cui attendiamo da lui di capire cosa è accaduto".
La Procura di Treviso, come rimarca il suo capo, Marco Martari, sta preparando le relazioni per il ministero. Ci stanno lavorando due sostituti: il dottor Giovanni Valmassoi, che era di turno il 26 ottobre quando Vanessa e Nicola fecero denuncia nei confronti di Fandaj, e la dottoressa Barbara Sabattini che fa parte del nucleo investigativo che si occupa del "codice rosso". Le loro deduzioni, unite alla dichiarazione del procuratore Martari, saranno inviate alla Procura generale di Venezia che le inoltrerà a Roma. "Non è vero – ha spiegato Martari – che non abbiamo fatto nulla. Dopo la perquisizione e non avendo trovato i messaggi intimidatori tutti cancellati dalla vittima abbiamo catalogato come di non urgenza il caso. Ma non lo abbiamo abbandonato".
Il messaggio di Fandaj che ha fatto scattare la denuncia è stato mandato con relativo video sul cellulare di Nicola. Vanessa gli aveva detto di avere concluso la storia e per questo veniva ricattata; insieme erano andati dai carabinieri. Speriamo davvero che quel che è successo "ci apra gli occhi su quello che ci accade intorno", come ha detto dall’altare il fratello della ragazza, anch’egli di nome Nicola.