Sabato 21 Dicembre 2024
TOMMASO STRAMBI
Cronaca

Giornata mondiale autismo 2018, l'enigma della malattia sociale

Dieci anni dall'istituzione della giornata voluta dall'Oms. Appello delle famiglie: lo Stato faccia di più

Dustin Hoffman e Tom Cruise in 'Rain Man' (Alive)

Roma, 2 aprile 2018 -  A dieci anni dall’istituzione voluta dall’Oms della Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo (il 2 aprile di ogni anno), il cammino verso l’uguaglianza e la pari opportunità per le persone con questo disturbo è ancora all’inizio. Le associazioni Anffas, Angsa, Gruppo Asperger, Fish, colgono l’occasione della data sul calendario per lanciare un appello alle istituzioni affinché non ci si fermi solo al lancio di palloncini e facciate di palazzi colorate di blu (questa notte, a Roma, si illuminerà la Fontana dei Dioscuri in piazza del Quirinale, così come la facciata di Palazzo Montecitorio). Chiedono invece alle istituzioni di spiegare che cosa si è fatto e cosa si sta facendo per rendere esigibili i diritti e garantire la migliore qualità di vita per le persone con disturbi dello spettro autistico.

L'ENIGMA DELL'AUTISMO, MALATTIA SOCIALE - di T. STRAMBI

"Nonna, nonna, papà dorme ancora, non mi ha preparato la colazione". Luca non lo faceva mai di dimenticarsi del suo Duccio. Quel ‘cervello ribelle’ per il quale era tutto. Ma quel giorno Luca non dormiva. Il suo cuore si era fermato così, all’improvviso. Duccio gli era stato accanto proprio come faceva il suo papà. Sempre premuroso. E ora? Gli mancava la colazione. Allora chiamò la nonna, senza rendersi conto di quello che era realmente successo. A dieci anni non è facile. Soprattutto quando si è autistici, proprio come Duccio.

Un fenomeno sempre più in crescita. Nel mondo, secondo studi recenti, un bimbo ogni cento ha un disturbo dello spettro autistico. In America, addirittura, un bambino ogni 68. Nel nostro Paese il tema coinvolge circa 500 mila famiglie che spesso si ritrovano sole a gestire una sfida complessa. La diagnosi, la scuola, le gite negate perché gli insegnanti di sostegno non ci sono. Mentre la patologia è per tutta la vita. "Un enigma bifronte su cui oggi si sa di più, ma non ancora abbastanza – chiosa la professoressa Liliana Dell’Osso, ordinario di Psichiatria all’Università di Pisa e direttore del master universitario di II livello dal titolo Spettro autistico dal bambino all’adulto –. Disturbo e potenzialità, difficoltà ed iperadattamento sono due facce della stessa medaglia, due dimensioni a cui la società è chiamata a porre attenzione. Non soltanto il 2 aprile. Ma con uno sforzo paziente, accurato e costante".

In troppe aree del mondo, soprattutto nei Paesi a basso o medio reddito, la conoscenza dell’autismo è ancora limitata e l’accesso alla diagnosi e ai trattamenti è di fatto precluso. Per reagire a questo squilibrio, segnalato dall’Organizzazione mondiale della sanità, nasce in questi giorni all’Ospedale Bambino Gesù un network internazionale composto da clinici e ricercatori provenienti da 20 Paesi e 4 continenti, con l’obiettivo di sviluppare e condividere protocolli di valutazione, diagnosi e trattamento ‘open-access’, cioè senza copyright, quindi meno costosi e più facilmente accessibili. Ma cosa è stato fatto negli anni sul fronte della diagnosi? "I Disturbi dello spettro dell’autismo (Dsa) – risponde la professoressa Dell’Osso – sono tipicamente diagnosticati nell’età infantile. Le forme clinicamente conclamate si presentano con un ritardo mentale da moderato a severo, e con compromissione del funzionamento psicosociale a livelli gravemente invalidanti". Nel corso degli ultimi anni, in particolare, è cresciuta l’attenzione sulle forme moderate e lievi, senza compromissione del linguaggio e senza deficit intellettivi, che spesso restano misconosciute fino all’età adulta, se non per tutta la vita. Anche se a volte, basta uno stress più acuto per manifestarsi in tutta la sua portata.

Ma la dimensione dell’autismo, tuttavia, non è solo un’enigmatica fortezza vuota (dalla definizione che ne diede Bruno Bettelheim), rudere pronto a crollare. "Essa può al contrario – conclude la professoressa Dell’Osso – divenire un fattore di resilienza e di aumento del funzionamento e dell’adattamento". Anche se la quotidianità è quella di Duccio e del futuro quando la mamma e il papà non ci sono più.

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