Venezia, 4 dicembre 2024 – Dopo le polemiche sulle uscite di Giuseppe Valditara sui femminicidi e la violenza sulle donne, Gino Cecchettin e il ministro dell’Istruzione e del Merito si sono incontrati faccia a faccia a Roma. “Ringrazio il ministro per questo incontro e per la lettera che l’anno scorso scrissi nell’orazione funebre per Giulia che lui ha diffuso nelle scuole. Era stato un buon punto di partenza e oggi lo riaffermiamo con questa riunione”, ha affermato il papà della ragazza, promotore di una Fondazione che ne porta il nome e che ha l’obiettivo di combattere la violenza di genere.
Poi, l’annuncio: “Oggi ci siamo trovati per parlare di un problema sociale esistente, dai femminicidi, alla violenza sulle donne, fino al rispetto reciproco tra i sessi. Lavoreremo su questo, abbiamo stilato un protocollo, un’agenda da portare avanti, e insieme alla Fondazione Giulia e al ministero inizieremo a lavorare su questi punti per portarli poi tra i giovani in tutte le scuole”.
“Riteniamo – ha aggiunto il ministro Valditara – che sia importante affermare la cultura del rispetto e il valore del no, e qui le famiglie devono darci una mano, occorre un grande cambiamento culturale”. Questo perché “giovani non abituati al no rischiano di essere giovani che poi non sanno rispettare l'altro”.
Il colloquio è stato definito “costruttivo” da parte di Cecchettin. Ieri, era presente in aula alla lettura della sentenza di condanna a Filippo Turetta, l’assassino di sua figlia. Il 22enne sconterà l’ergastolo, con la possibilità di chiedere permessi tra 9 anni. Gli è stata riconosciuta l’aggravante della premeditazione, mentre sono venute meno quelle dello stalking e della crudeltà, richieste invece dell’accusa. Non senza polemiche.
Elena Cecchettin: “Non riconoscere le aggravanti? Significa giustificare gli uomini”
Giulia Cecchettin è stata uccisa “non solo” dalla mano violenta di Filippo Turetta. É stata uccisa dalla “giustificazione e dal menefreghismo” verso tutti quei segnali che anticipano i femminicidi. É una reazione durissima quella che Elena Cecchettin affida alle storie di Istragram per commentare la sentenza che ha condannato l'ex fidanzato 23enne della sorella all'ergastolo, senza però riconoscere l'aggravante della crudeltà e dello stalking. Non riconoscere quell'aggravante, dice la sorella di Giulia che con la sua forza ha cambiato la narrazione sui femminicidi e imposto la discussione sul tema come mai era avvenuto prima, significa non solo mancare di rispetto alla famiglia. È “l'ennesima conferma che alle istituzioni non importa nulla delle donne”. Sei vittima “solo se sei morta, quello che subisci in vita te lo gestisci da sola”.
E invece la violenza di genere “non è presente solo dove è presente il coltello o il pugno, ma molto prima” é il suo ragionamento che si conclude con una domanda: "quante donne non potranno mettersi in salvo dal loro aguzzino se nemmeno nei casi più palesi viene riconosciuta la colpa?” Parole che arrivano proprio nel giorno in cui suo padre, Gino Cecchettin, con le istituzioni stringe un patto per fare in modo che altri padri, madri, fratelli e sorelle non debbano piangere altre Giulie.
Una busta con proiettili al difensore di Filippo Turetta
Intanto una busta con tre proiettili è stata recapitata oggi a Padova allo studio dell'avvocato Giovanni Caruso, difensore di Filippo Turetta. Il legale nel prendere la corrispondenza ha aperto una lettera, dentro la quale c'erano tre cartucce. L'avvocato ha quindi contattato la questura che ha fatto intervenire presso lo studio agenti della squadra mobile, della Digos e del gabinetto interprovinciale della polizia scientifica che hanno proceduto a ispezionale la busta da lettera, repertando anche le tre cartucce avvolte in un foglio di carta.
È stata quindi disposta una misura di vigilanza per l'avvocato Giovanni Caruso, difensore di Filippo Turetta. In seguito all'episodio, è stato convocato d'urgenza in Prefettura un comitato tecnico per l'ordine e la sicurezza pubblica, nel quale il prefetto Giuseppe Forlenza ha accolto le indicazioni del questore Marco Odorisio per la predisposizione di un servizio di vigilanza a tutela di Caruso, organizzato in tre aree: l'abitazione del legale, il suo studio, e l'istituto dell'Università di Padova dove Caruso è professore ordinario di diritto penale.
Leggi anche: Quanto dura l’ergastolo in Italia: non è carcere a vita