Bologna, 10 agosto 2017 - «Bene! Adesso che sono venuti fuori i debiti con le banche e i pignoramenti, la storia di Gianluca Vacchi diventa, se possibile, ancora più perfettamente italiana», esclama Roberto D’Agostino, al telefono, dal suo buen retiro tra le dune di Sabaudia. Il fondatore del sito Dagospia è stato il primo, in Italia, a capire e sdoganare Mr. Enjoy. Ben prima del mitico balletto in tacchi a spillo, il video del definitivo decollo.
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Vacchi carico di pendenze istiga l’odio social o guadagna milioni di clic?
«Macché odio. Sarà solo altra popolarità garantita. Se, come diceva George Bernard Shaw, lo scopo della vita non è cercare se stessi, ma creare se stessi, Vacchi ha già vinto. Anzi ha stravinto».
Osannato per meriti ‘estetici’?
«Uno così negli anni Settanta lo avrebbero picchiato. Oggi, in piena era digitale, è una storia di successo. Giudicarlo attraverso categorie novecentesche non avrebbe senso. Il fenomeno Vacchi è slegato da ogni ideologia. E non nasce per caso».
Un prodotto digitale?
Tra i più sofisticati. Vacchi è figlio di Instagram. E Instagram è il trionfo della narrazione per immagine. Foto e video al posto delle parole: per diventare il regista o il coreografo della propria vita offerta in pasto agli altri. Altro che privacy. Andy Warhol diceva che ognuno ha diritto al suo quarto d’ora di celebrità. Sorpassato anche lui alla velocità delle rete. Ora ognuno può provare a essere chi vuole, quando vuole. Una dimensione esibizionistica che in alcuni casi diventa ‘pornicizzazione’. Perché non conta chi sei, ma cosa vuoi diventare».
Il merito di Vacchi? Il look, gli atteggiamenti, il nulla sapientemente frullato...
«La costruzione, pensata e ricercata, di un personaggio da jet-set internazionale – che si sposta ogni sera dalla Sardegna alla Costa Azzurra, dalla Grecia al Tirreno – eppure così italiano. Anzi, arci-italiano. Nelle sue spacconate si nascondono D’Annunzio, Sordi, De Sica. Vacchi è il gagà di oggi».
Un meta-vip che va oltre la popolarità ordinaria?
«Vacchi ha lavorato molto alla costruzione del suo personaggio. Il personal trainer per l’addominale a tartaruga, il coreografo per i balletti, il vorticoso giro di donne a rinforzo della fama, le suggestioni giovanili – tipo che quando da ragazzo sciava batteva anche Tomba. Vero o falso, non importa: tutto studiato, tutto ben calibrato. Un’operazione di personal branding senza eguali in Italia. Chi segue Vacchi si appassiona alle sue trasgressioni proprio perché sono incastonate in una narrazione complessiva. I guai con le banche, a dispetto delle ricchezze familiari, rinforzano il racconto».
All’estero ci sono altri Vacchi?
«Certo, i Paesi anglossassoni sono come sempre all’avanguardia. Anche perché hanno capito prima le opportunità del digitale. Lo dimostra anche la politica. Come ha fatto Trump a vincere le elezioni americane avendo contro un pezzo del suo partito, i democratici, Hillary Clinton e tutto il jet-set hollywoodiano? Semplice, ha dialogato con gli elettori direttamente sui social, abbattendo categorie e steccati. I dodici milioni di follower di Vacchi nascono dalle premesse di questa stessa rivoluzione».