Brescia – “Sono rientrata in Italia perché non volevo che mio figlio facesse la vita del latitante". Antonella Colossi risponde per quattro ore alle domande dei carabinieri nel comando provinciale di via Tebaldo Brusato. Non è indagata (e non è indagabile) per favoreggiamento. È ascoltata come persona informata sui fatti. Non sa dire dove si trovi il compagno, che la Cassazione ha gravato della condanna definitiva all’ergastolo per l’omicidio dello zio Mario, la fosca sera dell’8 ottobre 2015, nella fonderia di Marcheno. Ignora anche fine abbia fatto la Maserati Levante di Giacomo.
Ripercorre la tumultuosa giornata del primo luglio a Marbella. Attorno alle 17.30 il verdetto della Cassazione. "Abbiamo saputo della condanna. Siamo andati in confusione. Giacomo era molto scosso. Io ho avuto uno choc, per questo tante cose non le ricordo. Abbiamo girato per la città cercando di tenere tranquillo il bambino. Ho provato a convincere Giacomo a tornare indietro insieme. Poi ci siamo separati. È stato duro dire al bambino che il padre si sarebbe allontanato". Un giorno nero preceduto da altri sereni. La vacanza in Spagna organizzata da tempo. L’albergo a Marbella prenotato dal 20 al 30 giugno con un documento di Giacomo. La partenza dall’abitazione di Soiano del Lago nelle prime ore del 24. Un pernottamento in Francia, a Cannes, dove Antonella smarrisce il cellulare. Il passaggio in terra iberica. Sosta a Valencia per una visita all’acquario e per trascorrere un’altra notte. L’arrivo a Marbella. Il primo luglio la famiglia ha già lasciato l’albergo. La strade di Giacomo e Antonella si dividono. Lui prende quella della fuga.
Il racconto che la donna fa delle giornate del 2, 3, 4 luglio è monco, frammentario. Con il figlio si trasferisce in un altro albergo, registrandosi con un proprio documento. Fino al 4 luglio, quando decide di rientrare. Con quali mezzi? Antonella racconta di avere compiuto il viaggio in parte con un autista del servizio Uber e in parte utilizzando un passaggio ottenuto. In Francia sale su un treno che la porta a Milano. I genitori prelevano lei e il figlio alla stazione Centrale per condurli nella loro abitazione di Chiari, nel Bresciano. Pista iberica per la latitanza di Giacomo Bozzoli?
Viene evocato un episodio legato alla sera in cui sparì lo zio Mario: un camion proveniente dalla Spagna entrò nell’azienda di Marcheno senza nessun apparente motivo e senza una registrazione formale. La ditta aveva clienti in quel Paese e da qualcuno di questi il fuggitivo potrebbe ricevere aiuto in questi giorni. Marbella è vicina a Gibilterra e a Ceuta e Melilla, enclave spagnole in Marocco. Il gruppo "ricercati" della polizia nazionale spagnola è stato interessato al caso Bozzoli e ha attivato le misure per le ricerche.
La casa di Chiari è stretta d’assedio da cronisti, televisioni, fotografi, tanto che la famiglia ha chiamato i carabinieri per farli allontanare. Una cortina inviolabile protegge la tranquillità di Antonella Colossi. Nessuno risponde al citofono. Solo silenzio, interrotto di tanto in tanto dalle grida gioiose del bambino. A chi l’avvicina, Antonella Colossi dice di aver sempre creduto e di continuare a credere all’innocenza di Giacomo. Oggi, prima di ogni altra cosa, vuole tutelare suo figlio.