Giovedì 31 Ottobre 2024
MARCO FORTIS
Cronaca

Gardini visto da vicino: ascesa e caduta di Raul l’innovatore, tradito dalla politica

La ricostruzione dell’economista, a lungo collaboratore di Gardini. "Il suo errore fu sperare negli sgravi fiscali e non ridurre l’indebitamento"

Raul Gardini con la figlia Eleonora nel 1991

Raul Gardini con la figlia Eleonora nel 1991

Roma, 23 luglio 2023 – A trent’anni dal suicidio di Raul Gardini si avverte il senso di una grande occasione mancata per l’Italia e per la stessa Ferruzzi. Serafino Ferruzzi, prima di morire in un incidente aereo a 71 anni, aveva costruito nel corso della sua vita un gigantesco impero internazionale nel trading e nell’agricoltura, accumulando un patrimonio che a fine anni ’80 era stimato in oltre 3mila miliardi di lire. Aveva sfidato le multinazionali straniere, assicurando all’Italia linee di approvvigionamento indipendenti per i cereali e i semi oleosi, un po’ come Enrico Mattei nel petrolio. Inoltre, aveva acquisito da Attilio Monti l’Eridania, primo produttore di zucchero in Italia, che deteneva anche una partecipazione nella Béghin-Say, primo produttore di zucchero francese.

Ferruzzi dopo Ferruzzi

Con la scomparsa di Serafino, le redini della Ferruzzi furono prese da Raul Gardini, che aveva sposato una figlia di Serafino, Idina. ‘Protetto’ dai manager ereditati dal fondatore del gruppo, Gardini mosse i primi passi nel solco tracciato dal suocero. La Ferruzzi prese il definitivo controllo di Béghin-Say e furono acquisite altre società come Central Soya in America e Cerestar, leader europea nell’amido e derivati. Fu inoltre introdotta con successo la coltivazione della soia in Italia, che permise una rivoluzione della rotazione agraria nel nostro Paese, con una importante riduzione dell’uso di fertilizzanti.

Chi era Raul 

Gardini era un imprenditore visionario e aveva una particolare sensibilità per i temi ambientali. In questo fu un precursore: è considerato l’inventore della bioeconomia per aver immaginato già quattro decenni fa la possibilità di utilizzare carburanti di origine vegetale e di ottenere plastiche bio dal mais. Ma non fu questa la ragione principale della sua scalata alla Montedison, che fu piuttosto un suo tentativo di emanciparsi, entrando in un settore nuovo come la chimica, diverso da quello ereditato dal suocero.

Lo snodo Montedison

Conquistata a caro prezzo la Montedison, Gardini avrebbe dovuto prioritariamente ridurre l’indebitamento di cui la Ferruzzi si era fatta carico ma si trovò per la prima volta solo, in un ambiente nuovo, con manager diversi da quelli fedeli che sempre lo avevano attorniato: uomini nuovi che cercavano più di difendere le loro posizioni di potere in Montedison anziché consigliarlo per il meglio. In più, gli fu prospettato dallo Stato e dall’Eni di mettere insieme la chimica di base di Montedison (che invece Gardini avrebbe potuto vendere assieme alla Fondiaria ed altri cespiti minori per ridurre i debiti della Ferruzzi) con quella di Enichem, creando un grande colosso italiano nella chimica di base, denominato Enimont, operante nei fertilizzanti, in talune plastiche, nelle fibre e in altri comparti di chimica “povera”.

L’affare Enimont

La politica gli promise sia sgravi fiscali per dar vita alla joint venture sia che non si sarebbe intromessa nella gestione della società. Ma né l’una né l’altra cosa si avverarono. Il Parlamento non approvò mai le esenzioni di imposta e la politica continuò a pretendere di avere voce in capitolo su Enimont, importante crocevia di appalti, nomine, consensi. Fu l’inizio della fine di Raul, addolcita solo dalle imprese nella vela con Il Moro di Venezia. Tradito dal suo Paese, Gardini iniziò una logorante guerra con lo Stato italiano che durò mesi, dissanguando i bilanci della Ferruzzi-Montedison, e che si concluse per lui con una sconfitta. Alla fine, fu costretto a vendere la quota che la Montedison deteneva in Enimont e si dimise polemicamente da tutte le sue cariche in Italia.

I primi guai familiari 

La vicenda Enimont espose una realtà aperta ed internazionale come la Ferruzzi, che fino a quel momento si era tenuta ben lontana dai sottoboschi della politica, alle vicende di Tangentopoli. Non solo. Forse per rilanciare una leadership che ai suoi stessi occhi appariva indebolita, Gardini propose ai cognati un progetto di passaggio generazionale per loro inaccettabile, perché li avrebbe di fatto estromessi dal controllo della Ferruzzi. Il che portò ad una separazione tra i Ferruzzi e i Gardini.

Tangentopoli e la fine

Indebolita da questi eventi e da Tangentopoli, nel 1993 la Ferruzzi-Montedison divenne preda di una scalata di Mediobanca. Il contrappasso fu che dieci anni dopo, morto Enrico Cuccia, ciò che restava dell’ex Ferruzzi-Montedison venne a sua volta scippato alla stessa Mediobanca da una scalata ostile guidata da Électricité de France e da Fiat, storica alleata di Cuccia. La lezione di questa storia è molto amara. L’Italia ha perso la Ferruzzi e la Montedison, uscendo per sempre da due settori strategici. Di quell’impero è rimasta oggi solo la Edison, leader nelle e rinnovabili, ma solo per merito di un azionista straniero come EdF. Non certo grazie al sistema-Paese, che ha sempre ostacolato un innovatore come Gardini e ha permesso che venisse dissipato ciò che i Ferruzzi avevano costruito.