Padova, 5 dicembre 2023 – Abbracciati all’albero maestro, come quando infuria la tempesta. Elena, la sorella maggiore, e Davide, il fratello più piccolo di Giulia Cecchettin, si sono aggrappati a papà Gino, quando il dolore si è fatto troppo grande per essere affrontato da soli. Perché nemmeno l’affetto delle migliaia di persone in piazza e nella basilica di Santa Giustina a Padova può accompagnarti in quel viaggio. E Gino, ancora una volta, è stato il loro porto sicuro.
Attorno al braccio le mani di Elena, che per prima aveva avuto il coraggio di raccontare che era stato “il vostro bravo ragazzo” a uccidere la sorella. La testa di Davide, non ancora 18 anni e per questo protetto da tutta la famiglia, appoggiata sulla spalla. E Gino, citando il poeta Khalil Gibran, ha deciso di insegnare a se stesso, a noi e ai propri figli che “la vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia”.
Perché da questa tragedia, come ha sempre detto fin dal primo giorno, deve nascere qualcosa di buono. “Abbiamo vissuto un tempo di profonda angoscia: ci ha travolto una tempesta terribile e anche adesso – ha spiegato prima che terminasse la cerimonia – questa pioggia di dolore sembra non finire mai. Ci siamo bagnati, infreddoliti, ma ringrazio le tante persone che si sono strette attorno a noi per portarci il calore del loro abbraccio”.
Gino, ingegnere informatico, ha scelto con cura le parole per raccontare a tutti chi fosse Giulia. “Era una giovane donna straordinaria. Oltre alla laurea, che si è meritata e che ci sarà consegnata tra pochi giorni, Giulia si è guadagnata ad honorem anche il titolo di mamma. Nonostante la sua giovane età era già diventata una combattente, un oplita, come amava definirsi: un guerriero dell’antica Grecia. Il suo spirito indomito ci ha ispirato tutti”.
E ora tutti dobbiamo fare qualcosa, compresa la politica, che dovrebbe mettere da parte le differenze ideologiche per affrontare il flagello della violenza di genere. “La vita di Giulia, la mia Giulia, ci è stata sottratta in modo crudele, ma la sua morte, può, anzi deve, essere il punto di svolta per porre fine alla terribile piaga della violenza sulle donne. Il femminicidio è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne. Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere”.
Poi un appello anche a chi è genitore. “Insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte. Creiamo nelle nostre famiglie quel clima che favorisce un dialogo sereno, perché diventi possibile educare i nostri figli al rispetto della sacralità di ogni persona, a una sessualità libera da ogni possesso e all’amore vero che cerca solo il bene dell’altro. Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia ci connette in modi straordinari, ma spesso, purtroppo, ci isola. La mancanza di connessione umana autentica può portare a incomprensioni e a decisioni tragiche”.
Poi l’ultimo scarno saluto, il più doloroso. Gino è solo, sull’altare, ma sicuro in mezzo alla tempesta: “Giulia, è giunto il momento di lasciarti andare. Salutaci la mamma. Addio Giulia, amore mio”. Ora è tempo di danzare sotto la pioggia.
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