Venezia, 22 novembre 2023 – Le tracce che Filippo Turetta ha lasciato nella sua disperata fuga durata poco meno di sette giorni devono essere collegate fra loro e questo sarà possibile solo dopo che gli inquirenti italiani lo avranno interrogato. L’iter per la sua consegna da parte della Germania al nostro Paese ("Non si tratta di estradizione – chiarisce Valerio de Gioia, consigliere di Corte d’Appello – perché in entrambi gli Stati esiste il reato che è stato formulato a carico del ragazzo e quindi con il mandato di cattura europeo è tutto molto più veloce, al massimo dieci giorni e anche meno se lui come sembra non contesta il ritorno in patria") è partito e la trascrizione dell’ordinanza del gip di Venezia è in mano ai giudici tedeschi. I buchi neri sono diversi.
Dopo avere abbandonato il cadavere di Giulia Cecchettin nel canalone lungo la strada della Val Caltea, Turetta appare varie volte nella notte in direzione del Cadore e alle 9 del mattino è a un distributore a Cortina mentre fa il pieno alla Fiat Grande Punto nera: il self service restituisce banconote macchiate di sangue. Alle 9,07 il ragazzo transita davanti a un segnalatore del traffico sulla Statale 51 Alemagna in direzione di Dobbiaco. Dopo una serie di avvistamenti incontrollati, l’auto viene segnalata mercoledì 15 a Lienz in Austria: da Cortina a lì sono 78 chilometri attraverso Prato alla Drava, ma la polizia austriaca sostiene che Filippo sia entrato nel loro Paese dalla frontiera di Tarvisio, in Friuli. Ebbene, Cortina-Tarvisio sono 165 chilometri, altri 106 ci sono per arrivare a Lienz: perché Turetta ha fatto questo zig zag e che cosa lo spingeva: la disperazione? L’anestetizzazione del pensiero come l’ha definita lo psicologo Matteo Lancini?
Ha comunque percorso sempre strade di montagna, la sua passione. Da mercoledì la Grande Punto sparisce nuovamente dai radar. Chissà quando il ragazzo è entrato in Germania e quale meta la sua mente ormai obnubilata si prometteva di raggiungere. A Berlino non arriva, il fatto che quando viene trovato sabato alle 22 sia in corsia sud sulla A9 all’altezza di Bad Durrenburg significa che aveva prima puntato a nord. Ma forse la benzina era già agli sgoccioli, i 300 euro in tasca finiti, il kit di sopravvivenza che un appassionato di montagna si porta dietro ormai inutile. Stanco, emaciato, senza soldi, forse finalmente conscio di quello che aveva fatto e di quello che non riusciva a fare – quando ha espresso il pensiero di togliersi la vita se Giulia lo avesse lasciato poteva essere solo un macabro gioco al compatimento -, ha invertito la marcia allo svincolo di Postdam e quando il serbatoio è rimasto vuoto ha accostato sulla corsia di emergenza a fari spenti suscitando la curiosità di un automobilista che ha segnalato alla polizia autostradale un’auto in panne: il rilievo della targa tramite computer ha abbinato quel giovane italiano ormai sfinito a un assassino in fuga.
Ora Filippo attende il suo destino nel carcere di Gestapo e Stasi a Halle. Dovrà spiegare il coltello, il nastro isolante con il quale ha chiuso la bocca a Giulia, i sacchi neri. Sono la base per capire se il delitto è stato premeditato.
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