Roma, 17 maggio 2023 - Incubo frane dopo l’alluvione in Emilia Romagna. Sono 250, fa sapere la Regione, quelle che si sono risvegliate. Ma quali sono i fattori di rischio, i numeri e i costi? Insomma, che cosa ci aspetta?
Lo abbiamo chiesto ad Antonello Fiore, presidente nazionale della Società Italiana di Geologia Ambientale (Sigea).
I fattori di rischio
"I fattori di rischio per le frane – spiega – sono tre: la pendenza del versante, il tipo di materiale geologico e quello che chiamiamo carico o peso, che può essere il terreno saturato dall’acqua o una casa costruita su un pendio. La pioggia prolungata appesantisce i versanti e questo peggiora la situazione”.
Appennino argilloso
Ma conta anche cosa c’è sotto. Per questo tra le zone più a rischio c’è l’Appennino, “dove i territori hanno natura geologica in prevalenza argillosa. Naturalmente anche la morfologia, insomma la forma, può essere un fattore di rischio e provocare eventi franosi. E’ così per le pendenze del terreno elevate”.
I numeri
Nel registro Idrogeo-Ispra sono censite 620.955 frane, “comprese quelle dormienti”, come dire che in Italia “c’è una frana ogni 100 abitanti. Non sono tutte attive ma si possono risvegliare dopo una precipitazione intensa”.
Il costo delle frane
Il registro Ispra nel 2020 registra 7.800 frane particolarmente critiche segnalate dalle Regioni. “La stima per sistemarle è di 26 miliardi”, avverte il geologo. L’Emilia Romagna aveva puntato l’attenzione su 370 episodi critici.
Che cosa possiamo fare
Partendo dalla mappa delle frane, “è necessario capire se sono fenomeni che si attivano subito o sui quali si può intervenire con tempi più lunghi. Non dobbiamo rassegnarci ad avere paesi isolati. Ma sicuramente abbiamo trascurato la pianificazione delle costruzioni. Questa trascuratezza, associata alla crisi climatica, ha accentuato gli effetti. La soluzione non può essere trovata in tempi rapidi”.