La tragedia di Franco Lauro non è solo la fine di un gentiluomo della Tv, stimato professionista, molto amato da tutti. Ma è anche la tragedia di una famiglia molto legata al giornalista, di una compagna che raggiungeva in campagna ogni sera da Roma in via della Croce. La compagna Francesca Mezzo, con la quale ha condiviso 31 anni di vita insieme, a una settimana di distanza dalla morte è ancora incredula: «L’emergenza relativa al Covid-19 mi ha costretta a restare nella mia vecchia casa di proprietà, dove ho la residenza, ubicata alle porte di Roma. La sera di Pasquetta, come nella quotidianità, abbiamo cenato e trascorso la serata insieme. Ha lasciato la mia casa intorno alle ore 01.30 del 14 aprile, per rientrare in via della Croce. Avevamo l’abitudine di inviarci un messaggio rassicurante circa il nostro rientro a casa. Quella notte, invece, mi ha telefonato (erano le due). Mi sono spaventata ma Franco mi ha subito rincuorata: “Tutto bene”». Il fratello Salvatore, oncologo e docente universitario, 61 anni contro i 58 di Franco, ancora non vuole crederci: «Non sappiamo cosa ce l’abbia portato via. Si ipotizza un infarto ma, il mercoledì, antecedente alla Pasqua, aveva eseguito una completa visita cardiologica. Gli esami, inclusa la prova sotto sforzo, erano risultati perfettamente nella norma».
Francesca Mezzo racconta così quel giorno di Pasquetta: «Eravamo felicissimi per l’esito dell’esame cardiologico in quanto, da due settimane circa, lamentava “fastidì” al petto con ripercussioni sulla colonna vertebrale e, talvolta, affanno, sintomi che ci avevano particolarmente allarmati e che ci hanno orientato verso accertamenti medici mirati». Franco Lauro aveva, da qualche anno, sporadici episodi di ipertensione, costantemente tenuti sotto controllo. Inoltre misurava la pressione tutti i giorni: trascrivendo i dati quotidiani su carta: i valori erano assolutamente nella norma. L’ultima annotazione riporta la data del 13 aprile, così come riportano la compagna e il fratello, il quale si è stretto alla madre, signora Maria Catapano, di 85 anni. Di comune accordo, avrebbero voluto far effettuare l’autopsia per comprendere cosa fosse accaduto ma, il magistrato e il medico legale hanno riferito circa l’impossibilità di praticarla a fronte di una morte non violenta, priva di cause esterne.
Alla stessa maniera anche il tampone non era possibile: «A me, come medico ospedaliero lo hanno fatto. Ho chiesto di farlo anche a lui, ma non è stato possibile», spiega Salvatore Lauro. Il Covid non c’entra. Continua la compagna Francesca: «Non ha mai avuto la febbre, ogni giorno, entrando nella sede di Saxa Rubra, veniva sottoposto, come tutti i dipendenti, alla misurazione della temperatura corporea tramite Termoscanner. Avevo appreso circa una ridotta casistica che mette in relazione attacchi cardiaci al Virus ma, nel caso di Franco, la escludo a priori, soprattutto in virtù della totale assenza della sintomatologia relativa». Inoltre, Francesca lamenta la diffusione di alcune notizie fuorvianti e avulse dalla realtà: «Ho richiesto l’intervento dei Carabinieri, in quanto allarmata, dopo ripetuti tentativi, tutti falliti, nel contattare telefonicamente Franco, già a partire dalle ore 10.30. Ho provato a chiedere informazioni presso la sede di RaiSport ma, anche li’, non era stato visto. Sono subito partita dalla mia abitazione per raggiungere via Della Croce, portando con me le chiavi di casa, al fine di evitare che i VV.FF, intervenuti su richiesta dell’Arma, forzassero la porta causando danni potenzialmente evitabili. Una questione di poche ore, altro che due giorni senza sentirci (evento impensabile fino a martedì scorso). Franco era sereno, sorrideva sempre, in quanto entrambi tranquillizzati dagli esiti dell’ultima visita cardiologica».
Sorriso che era una caratteristica costante della personalità di Franco Lauro, per tanti anni protagonista del Basket, poi approdato al mondo del calcio (Conduttore DS, Novantesimo Minuto e tanto altro ancora). Il ricordo di Franco Lauro non dove’essere perduto. Dice, un po’ amara, di Francesca Mezzo: «Prego tutti di non attribuire patenti di tifo calcistico a Franco che, dell’imparzialità e dell’assoluta terzieta’ aveva costruito il faro della sua professione. Franco era e resterà un esempio - conclude la compagna Francesca – per coloro che ne sapranno seguire l’esempio, un giornalista che mai ha derogato dal solo principio che aveva posto alla base del suo lavoro: l’obiettività».