Cagliari, 30 luglio 2024 - Cercherà le tracce dell’assassino di Francesca Deidda, la donna scomparsa a maggio da San Sperate (Cagliari) e uccisa, i resti sono stati ritrovati il 18 luglio nelle campagne.
Chantal Milani, antropologa e odontologa forense, cercherà di far parlare quelle povere ossa massacrate da un colpo violento, probabilmente inferto nel sonno, che ha sfondato il cranio della 42enne. Così ha stabilito ieri l’autopsia condotta dal dottor Roberto Demontis. In carcere per omicidio e occultamento di cadavere il marito Igor Sollai, che continua a professarsi innocente.
Abbiamo sentito la dottoressa Milani per capire come la tecnologia possa aiutare le indagini. La professionista ha raccontato nei documentari di Alberto Angela in tv cosa possono svelare le ossa. Ha lavorato a noti casi mediatici (via Poma, Mario Biondo, Capezzuti) e ha ricostruito volti noti della storia, da Dante a Raffaello.
Le ossa parlano: ecco le risposte che cercherò”
Premette: “Sono stata nominata dall’avvocato Piscitelli, per la famiglia della vittima. Avrò il compito di analizzare le ossa anche attraverso tac, quindi di svolgere una sorta di autopsia virtuale, per ricostruire il tipo di fratture presenti sul cranio, per cercare di capire. Disponibilissima anche a collaborare con il dottor Demontis, il medico legale nominato dalla procura”.
Quanto tempo servirà
Ma quanto tempo servirà per avere le risposte? “Il dottor Demontis ha chiesto 90 giorni. Io chiaramente offro il mio appoggio e seguirò di pari passo il lavoro”, chiarisce l’antropologa.
Si potrà stabilire quando Francesca Deidda è stata uccisa?
Ma si potrà arrivare a stabilire la data della morte? "Per ampi intervalli temporali. Con resti di questo tipo, l’apporto maggiore dell’antropologia forense è soprattutto quello di stabilire il tipo di lesioni e il tipo di arma che le ha prodotte, la dinamica dell’evento e la posizione reciproca”.
Si può individuare il tipo di arma usato?
"Ancora non ho avuto modo di analizzare nulla, quindi posso fare valutazioni solo generali, al momento. Le ossa raccontano sempre molto. Sia su chi è l’individuo, quindi per arrivare all’identificazione personale, ma non è questo il caso. E dicono molto anche sul tipo di arma. Se è stato un corpo contundente, che tipo di impatto ha avuto, se era un oggetto con una forza cinetica e un peso importanti”.
Si può capire se ad agire è stata una persona sola o più persone?
“Questo dipende da caso a caso – riconosce Milani – . Se ci sono più tipologie di lesioni che possono suggerire uno scenario simile, in linea teorica potrebbe essere possibile non tanto determinarlo ma fare ipotesi sulla dinamica generale dell’evento. Valutare ad esempio l’energia dell’impatto. Quindi da lì poi si possono fare anche deduzioni, ad esempio sulla posizione reciproca tra vittima e aggressore”.
Dalle ossa si ricostruisce la scena del delitto?
"In parte – chiarisce l’antropologa -. Anche se questi sono compiti primari del consulente tecnico nominato dalla procura”. Lei è passata per tantissimi rebus, è stata anche un ufficiale del Ris di Roma con un curriculum internazionale impressionante... "All’inizio sembra una montagna quasi insormontabile poi il puzzle prende forma. Anche i casi meno noti professionalmente danno grandissime soddisfazioni”.
Dall’antropologia alla giustizia
Alla fine, qual è l’obiettivo principale che si pone con il suo lavoro? "L’obiettivo primario è dare tutti gli strumenti possibili ai magistrati per far sì che la verità processuale coincida il più possibile con quella storica. L’obiettivo del lavoro non è solo scientifico. C’è anche il desiderio di contribuire a quel senso di giustizia che credo sia dentro di noi. Soddisfazione soprattutto è cercare di dare un po’ di serenità alle famiglie delle vittime. La conoscenza della verità aiuta ad andare avanti”.