di Riccardo Jannello
"Ed ecco la stella che avevano visto nel suo sorgere; li precedeva finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino". L’evangelista Matteo racconta così l’incontro dei Magi con il Bambin Gesù nella grotta di Betlemme, indirizzati – secondo la Sacra Scrittura – dalla stella cometa. Scienza e fede qui vanno poco d’accordo: stella e cometa sono due corpi celesti che non hanno nulla in comune, l’una la vediamo fissa nella volta, l’altra in continuo movimento; inoltre non è mai stato osservato dell’uomo un evento nel quale la stella e la cometa siano così vicine da sembrare attaccate una all’altra e tanto meno muoversi.
E allora che cosa guidò Gaspare, Baldassarre e Melchiorre – i nomi scelti dalla tradizione cristiana per i tre Magi che giungono nel giorno dell’Epifania con oro, incenso e mirra – da Oriente fino al povero giaciglio di Cristo? Forse la stessa cosa che è stata fotografata nel giorno del solstizio d’inverno, il 21 dicembre scorso, da due scienziati dell’Osservatorio astronomico dei Righi a Genova: il bagliore della congiunzione fra due pianeti, Giove e Saturno, che il 7 o 6 avanti Cristo, presumibile data di nascita del figlio di Dio, si incontrarono a una distanza minima e si illuminarono a vicenda. Teoria che Giovanni Keplero ha elaborato la notte del 17 dicembre 1603 durante un’esplorazione dei cieli con un telescopio a quei tempi molto potente. Giove e Saturno hanno incontri ravvicinati ogni venti anni, ma mai come questa volta – e forse quella notte quando Keplero li ha studiati – sono stati così vicini. L’ultima testimonianza di un evento talmente evidente risale a quasi 400 anni fa, nel 1623. Allora Keplero era ancora vivo, così come lo era Galileo Galilei. Questa congiunzione avrebbe avuto per i Magi, astrologi caldei che sapevano leggere il cielo, un significato simbolico. Giove e Saturno che si attraggono può avere suggerito che potesse essere arrivato il tempo – rappresentato da Saturno – che un grande re – visto in Giove – desideroso di portare giustizia nel mondo – e qui torna in ballo Saturno – arrivasse a regnare sulla Giudea.
Quel giorno di 7 o 6 anni avanti Cristo, i presunti Gaspare, Baldassarre e Melchiorre osservarono l’avvicinamento fra i due pianeti nella costellazione dei Pesci, che era il simbolo di Mosè e, per estensione, di tutto il popolo ebraico. Meno mistica l’apparizione del 2020: la congiunzione stavolta è avvenuta nella costellazione del Capricorno. La soddisfazione degli scienziati genovesi è tangibile: "Finalmente le condizioni meteo ci hanno permesso di immortalare la congiunzione fra Giove e Saturno – spiegano Marina Costa e Walter Riva – I due oggetti saranno visibili, bassi a Occidente subito dopo il tramonto del Sole, ancora per una decina di giorni dal tramonto e fino alle 18 circa. Ovviamente occorrono condizioni meteo particolarmente favorevoli e un orizzonte molto aperto a sud-ovest per poter tentare l’osservazione". I due pianeti hanno nei paraggi anche un terzo incomodo, Marte. La stella cometa, che comunque continuerà ad adornare i presepe, ha un padre che ne ha perpetrato la leggenda: Giotto e la sua rappresentazione negli affreschi della Cappella degli Scrovegni a Padova, e comunque appare nei dipinti di ogni secolo, da Gentile da Fabriano ai contemporanei. Rappresentazione ben più poetica di due pianeti che rischiano di fare bang.