Venezia, 2 dicembre 2024 – Per domani è attesa la sentenza a Filippo Turetta per il femminicidio di Giulia Cecchettin: a pesare sul giudizio saranno in particolare le aggravanti di premeditazione, stalking e crudeltà, negate dalla difesa. Certo, è difficile comprendere cosa sia passato nella testa del 22enne in quei tragici momenti e nelle settimane che li hanno preceduti, ma a far luce potrebbero essere gli scritti compilati nel carcere di Verona, dove è detenuto dal dicembre dello scorso anno.
“Avevo pensato che avrei potuto toglierle la vita”
“Faccio fatica a scriverlo, perché adesso mi sembra ridicolo e brutto come pensiero, ma mi sembrava ingiusto che io avessi intenzione di suicidarmi e lei in questo non avrebbe vissuto e avuto alcuna conseguenza quando – si legge – secondo me, in quei giorni erano le sue scelte ad avermi portato a quella situazione. È veramente difficile da ammettere ma la verità è che avevo pensato che avrei potuto toglierle la vita”.
“O lei o niente”
E quell’amicizia di cui diceva, almeno inizialmente, di accontentarsi dopo la fine della loro relazione, non era altro che un pretesto per rimanere nella vita di Giulia. “Nella mia testa non ci sarebbe mai potuta essere una persona diversa. O lei o niente – continuano le memorie di Turetta – Era tutto per me. Io avevo concentrato tutta la mia vita su di lei, era la prima ed unica per me a qualunque costo il nostro destino era di restare insieme per sempre ed era tutto quello che volevo e per cui avrei fatto qualsiasi cosa”. “Non vedevo la minima luce a cui aggrapparmi. Lei si stava sempre più allontanando da me in quel momento e non vedevo nessuna possibile inversione di rotta all'orizzonte, anzi”: parole che illustrano un triste epilogo che già tutti conosciamo.
Il disagio della laurea di Giulia
Come è noto, Filippo è esploso a pochi giorni dalla laurea di Cecchettin: un evento che lo destabilizzava visto che i suoi studi erano a un punto di stallo e visto che così l’ex ragazza si sarebbe definitivamente allontanata da lui per frequentare l’accademia del fumetto di Reggio Emilia. “Dover festeggiare ed essere partecipativo e sorridente mentre nel frattempo dentro mi sentivo vuoto e pieno solo di emozioni negative e intanto essere in mezzo a così tante persone che mi vedevano e vedevano lei e sapevano che mi aveva lasciato e vedevano lei tranquilla e sorridente e io avrei dovuto sforzarmi al massimo invece. Mi sembrava tutto così pesate e insopportabile”. Turetta provava “troppa vergogna e difficoltà a incrociare gli sguardi di tutti”.
Le scuse “ridicole e fuori luogo”
"Le scuse mi sembrano così minuscole rispetto al dolore che ho causato a lei e a tante altre persone e all'ingiustizia gravissima che ho commesso – continua Filippo nelle sue memorie – Per gli stessi motivi non ho mai chiesto perdono e non mi sentirei di farlo neanche in questo momento e non perché non sono pentito di quello che ho fatto o perché possa non interessarmi. Penso che solamente pensarci in questo momento sarebbe ridicolo e fuori luogo”. Un perdono da parte di chi amava Giulia? “Semmai fosse ammissibile una minima apertura su un discorso del genere io penso sia necessario tempo, molto tempo”. E poi: “Mi dispiace. Mi dispiace infinitamente per tutto quello che ho fatto”.
Cosa fa in carcere
Queste parole fanno parte del memoriale depositato da Turetta in vista del processo, che si concluderà appunto domani con la sentenza: rischia l’ergastolo. Le ottanta pagine sono state scritte dalla sua cella condivisa al carcere di Verona, quello che ormai è diventato a tutti gli effetti casa sua. Il 22enne passa le sue giornate prendendo parte alle prove della band del penitenziario – per la quale suona uno strumento –, leggendo libri, guardando la tv, seguendo un corso di inglese e andando in palestra.