"Non entro nel merito sull’opportunità di girare un film su Amanda Knox, da lei stessa co-prodotto, e quindi fonte di un guadagno, rilevo però che nonostante questa tragica vicenda l’abbia portata a scrivere già due libri e, adesso appunto, a girare una fiction, ad oggi la Knox, nonostante una condanna per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, recentemente confermata anche dalla Corte d’assise d’appello di Firenze – in totale continuità con tutte corti di merito e di legittimità – , non ha risarcito nemmeno un euro del danno prodotto al mio assistito. Nonostante la tragedia consumata a Perugia 17 anni fa sia stata per lei una fonte di profitto economico".
Dopo l’avvocato Francesco Maresca, difensore della famiglia Kercher, anche il penalista Carlo Pacelli tuona contro l’americana, condannata e assolta per il delitto di Mez ma ritenuta colpevole di aver ingiustamente accusato Lumumba, all’epoca dei fatti nel 2007, titolare del pub dove Amanda lavorava, di essere l’assassino della studentessa inglese.
Pacelli affida il suo sfogo a La Nazione. "Anche i giudici di appello fiorentini, dopo il ricorso alla Corte di giustizia europea e la decisione della Cassazione di rianalizzare la prove, hanno stabilito che la Knox calunniò Lumumba, aggiungendo, nelle motivazione, che l’americana si trovava nella casa del delitto di via della Pergola quella notte, come già stabilito dalla Cassazione".
"L’indicazione quale autore dell’omicidio è esplicita e precisa nel memoriale (‘vedo Patrick come l’assassino’)", è scritto dai giudici in sentenza.
Lumumba venne arrestato nel novembre del 2007 insieme ad Amanda e a Raffaele Sollecito. Dopo 14 giorni in cella e l’onta di essere il killer di una studentessa, fu però scagionato. La Knox è stata condannata a tre anni per calunnia e a risarcire il danno a Lumumba.
Ma in Italia la donna, oggi 36enne, è nullatenente e intentare una causa civile negli Stati Uniti sottoporrebbe Lumumba a costi onerosi. Di lì l’amara valutazione del suo legale. Dopo la sentenza fiorentina, gli avvocati di Amanda, Carlo dalla Vedova e Luca Luparia Donati, hanno fatto ricorso in Cassazione: l’udienza non è ancora stata fissata.
Eri.P.