Venerdì 25 Ottobre 2024

Gravina, Giuseppe Lacarpia si suicida in carcere: era accusato di aver ucciso la moglie. La figlia ‘festeggia’ sui social

Il corpo senza vita del 65enne è stato ritrovato dagli agenti della penitenziaria di Bari. Nella notte tra il 5 e il 6 ottobre avrebbe ammazzato la donna prima dando fuoco all’auto e poi immobilizzandola a terra

Il luogo del delitto, nei riquadri la vittima Maria Arcangela Turturo e il marito Giuseppe Lacarpia

Il luogo del delitto, nei riquadri la vittima Maria Arcangela Turturo e il marito Giuseppe Lacarpia

Bari, 22 ottobre 2024 –  Si è tolto la vita nel carcere di Bari Giuseppe Lacarpia, il 65enne di Gravina in Puglia fermato il 6 ottobre con l'accusa di aver ucciso la moglie 60enne Maria Arcangela Turturo. Il corpo dell'uomo è stato ritrovato senza vita dagli agenti della polizia penitenziaria intorno alle 3 di questa notte.

I fatti per cui è finito in carcere risalgono alla notte tra 5 e 6 ottobre: Lacarpia, di ritorno da una festa in famiglia con la moglie, avrebbe dato fuoco all'auto mentre la donna si trovava ancora all'interno e poi, quando la 60enne ha provato a fuggire, l'avrebbe immobilizzata a terra causandole fratture alle gambe e al torace. La vittima è poi morta all'ospedale di Altamura.

Una delle quattro figlie della coppia ha celebrato su Facebook la notizia del suicidio del padre con sei faccine che festeggiano. "Sono tutte le preghiere che abbiamo fatto per mamma", ha scritto poi Antonella Lacarpia in un messaggio alla cugina che commentava: “Hai fatto la migliore cosa ora Non meriti neanche il paradiso! Cugina ti voglio bene, tua madre si è fatta giustizia da sola... il karma ritorna indietro". Un’altra delle figlie, Concetta, ha aggiungo: “Finalmente riposi in pace mamma”.

Il luogo del delitto, nei riquadri la vittima Maria Arcangela Turturo e il marito Giuseppe Lacarpia
Il luogo del delitto, nei riquadri la vittima Maria Arcangela Turturo e il marito Giuseppe Lacarpia

Il femminicidio e il video che lo ha inchiodato

Il gip, nell'ordinanza di applicazione della misura cautelare, aveva rilevato il pericolo di reiterazione di reato, “dovendosi ritenere, in base alle circostanze del fatto, che l'indagato sia soggetto estremamente pericoloso, poiché violento, calcolatore e privo di ogni inibizione”. Per Lacarpia era stata disposta la carcerazione per contenere “la libertà di movimento dell'indagato, al fine di allontanarlo dai familiari e prevenire ulteriori manifestazioni delittuose” e perché non si può “riporre alcun affidamento sulla capacità di autodisciplina del soggetto”.

Lacarpia, scriveva ancora il gip, “ha infierito sulla moglie, riprendendo la condotta pochi secondi dopo essersi fermato, a dimostrazione dell'intenzione di eliminarla, verosimilmente per impedirle di denunciarlo”.

Al giudice il 65enne aveva detto di aver cercato di assistere la moglie dopo che, a causa di un incidente, la macchina aveva preso fuoco. Ma per il gip si trattava “di una versione di comodo”, perché “emerge benissimo dal video (girato da una ragazza che passava in quel momento insieme ad alcuni amici, ndr) che l'uomo non ha minimamente messo in sicurezza la moglie, ma che l'ha, al contrario, aggredita. Inoltre, i primi rilievi sull'origine dell'incendio, suggeriscono che questo abbia avuto matrice dolosa”. La stessa vittima, prima di perdere le vita, rivolgendosi ai soccorritori, alla polizia e alla figlia aveva indicato nel marito l'autore della azione violenta.

Il suicidio in carcere 

La Procura di Bari ha disposto l’autopsia sul corpo di Lacarpia. Gli agenti di polizia penitenziaria, intervenuti intorno alle 2 di notte su segnalazione dei compagni di cella, hanno trovato l’uomo senza vita, steso nel suo letto con un lenzuolo legato al collo e attaccato, dall'altra parte, alle sbarre del letto. I tentativi di soccorso si sono rivelati inutili.