Martedì 16 Luglio 2024
STEFANO MARCHETTI
Cronaca

Femminicidi, Serena Dandini: “Violenza sempre uguale, nei secoli. Vi racconto le muse da riscattare”

Scrittrice e autrice, si dedica a questi temi da sempre. “Il mio sguardo su artiste, letterate e scienziate spesso rimaste nell’ombra”

Modena, 22 novembre 2023 – Il 1° luglio del 1827 era domenica. Ed era ormai sera quando “in una stanza della contrada sotto la parrocchia di San Vincenzo”, Maria Pédena, “d'anni 15 non ben compiti”, venne uccisa a coltellate da Eleuterio Malagoli, liutaio d'anni 35, che poi si tolse la vita. Era un vicino di casa, un amico di famiglia, e si era invaghito della ragazzina: quella sera, con uno stratagemma, riuscì a rimanere solo con lei, tentò di violentarla ma – come recitano le carte processuali – Maria lo respinse. Lui la colpì ripetutamente, fino a ucciderla, poi si tagliò la gola. I gendarmi ducali lo trovarono “che indossava soltanto la camicia e le mutande”. Pur se già morto, il duca Francesco IV volle comunque infliggere a Eleuterio Malagoli la punizione suprema e qualche giorno dopo lo fece appendere alla forca, con un cartello che lo additava alla pubblica indignazione.

Serena Dandini
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A due secoli dall'orribile femminicidio, Maria Pedena (che già negli anni successivi divenne un emblema dei valori e delle virtù femminili) viene ricordata alla Galleria Estense di Modena in una mostra aperta fino al 17 marzo. Le carte originali dell'epoca – custodite alla Biblioteca Estense e all'Archivio di Stato – raccontano “La triste storia di una bella bambina”, oltre al dolore e allo scalpore che la sua uccisione suscitò fra i modenesi già all'epoca. Martina Bagnoli, direttrice delle Gallerie Estensi, ha invitato a inaugurare la mostra Serena Dandini, scrittrice e autrice che a questi temi si dedica da sempre. Ed è proprio alla Galleria che l'abbiamo incontrata, pochi giorni fa.

“Non conoscevo la vicenda di Maria Pedena fino a quando me l'hanno fatta scoprire gli amici della Galleria Estense – ci ha detto –. Ed è incredibile come ci sia come un filo rosso fra tutte le storie di donne uccise, anche a due secoli di distanza...”. Già dieci anni fa lei ha raccontato donne “Ferite a morte”... “Sì, e allora quasi non si poteva neppure usare la parola 'femminicidio'. Fin da subito ho voluto sottolineare che questi non sono omicidi come gli altri: qui siamo di fronte a persone uccise in quanto donne. Nei monologhi ho cercato di dare voce alle storie di donne che hanno subito violenza. Senza differenze di etnie, di religione o di nazionalità”. E dieci anni dopo, è cambiato qualcosa? “Sicuramente, anche nel nostro Paese, sono state adottate leggi molto importanti nel solco della Convenzione di Istanbul, a tutela delle donne, e anche per la parità economica in tutte le sue sfumature. Purtroppo non basta, perché siamo ancora intrisi in una cultura patriarcale e sessista che, per certi versi, è ancora quella dei tempi di Maria Pedena”. Cosa servirebbe? “Una vera rivoluzione culturale nei rapporti fra uomini e donne”. A storie di donne è dedicato anche il suo ultimo libro “La vendetta delle muse” (pubblicato da Harper Collins). Chi sono le muse da riscattare? “Sono le donne che nella vita non hanno avuto la possibilità di ricevere la luce che meritavano. Nel mondo dell'epica le muse erano donne fortissime, che comandavano. Poi nel mito romantico sono divenute belle statuine che ispiravano gli artisti, perlopiù maschi. Scorrendo la storia, si possono individuare figure di donne che hanno compiuto imprese straordinarie ma spesso purtroppo sono rimaste nell'ombra. Artiste, letterate, scienziate”. Abbiamo bisogno delle muse? “Certo, a ognuno di noi serve una musa, una 'maestra' che dia segnali luminosi e faccia scattare la creatività. La mia prima musa è stata Marianne Faithfull (cantante e attrice britannica che fu compagna di Mick Jagger, ndr): a me ragazzina, in un'Italia ancora molto provinciale, la sua swinging London appariva come un mondo meraviglioso di libertà e indipendenza”. Libertà è sostantivo femminile, lei scrive nel libro... “Sì, e ho davanti agli occhi il dipinto di Delacroix con Marianna che guida il popolo. Questo dipinto fece scandalo non tanto per il fatto che la protagonista è a seno nudo, quanto piuttosto perché mostrava una donna a guidare la rivoluzione. Quando le donne escono dai sentieri prestabiliti dalla società, la narrazione per loro diventa crudele. Diventano cattive ragazze". E come sono le donne libere? “Sono le donne che vogliono seguire i loro desideri e decidere del proprio corpo. È sempre il corpo il campo di battaglia che viene usato per decidere il destino delle donne”.

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