Giovedì 18 Aprile 2024

Fateci lavorare: in piazza rabbia e orgoglio Il dissenso pacifico di baristi e ristoratori

Dilaga il malcontento per orari ridotti e chiusure. "Così ci distruggete". In serata gruppi violenti in azione a Verona e Palermo

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di Elena G. Polidori

In tutta Italia non accennano a placarsi sit-in e flash-mob di quella che viene considerata la "protesta civile". "Fateci lavorare" è il coro unanime di ristoratori, gestori di palestre e bar. Il dissenso di un’Italia in sofferenza ha due facce contrapposte. Da un lato, le piazze "apparecchiate" simbolicamente dai ristoratori in difficoltà; dall’altra i lanci di pietre e bottiglie contro le forze dell’ordine, con arresti e denunce tra Napoli, Torino e Roma, con gli scontri che però mettono in allerta Viminale, forze di polizia e servizi segreti. Tale da far considerare la situazione preoccupante "anche sul profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica". Ed anche il Copasir, il Comitato per la sicurezza della Repubblica, ha deciso di "indire specifiche audizioni relative alle tensioni sociali manifestate in questi giorni". E ieri sera la situazione a più alta tensione per l’ordine pubblico si è registrata a Verona, dove ci sono stati scontri tra forze dell’ordine e dimostranti di estrema destra, con lanci di petardi contro gli agenti in tenuta anti sommossa. Da Verona a Palermo, nel capoluogo siciliano era in programma una manifestazione di Forza Nuova sotto la Regione ed è rimasto ferito un cameraman. E anche la Rai ha denunciato un tentativo di aggressione nei confronti di una troupe.

Il tutto mentre nelle Regioni comincia a sfilacciarsi il fronte del rigore, con il governatore siciliano, Nello Musumeci, che ha premuto sull’acceleratore per spostare l’orario di chiusura di bar e ristoranti dalle 18 alle 22 o alle 23. "Quando il governo centrale dirà che bisognerà chiudere per 24 ore, noi allora non fiateremo – ha chiosato –. Ora però sarà il Parlamento siciliano ad approvare o respingere l’idea".

Ma anche Stefano Bonaccini, peso da novanta del Pd, a capo della conferenza delle Regioni, parla come Musumeci: "Era meglio chiudere i centri commerciali il sabato e la domenica dove si affolla tanta gente che ristoranti, teatri, cinema e palestre che rispettano le regole".

In piazza anche tassisti e ncc, da mesi ormai a ranghi ridotti a causa del crollo del turismo. La Fipe, la Federazione italiana dei pubblici esercizi, ha chiamato a raccolta gli iscritti che hanno protestato "armati" di piatti e tovaglie, apparecchiando metaforicamente le strade d’Italia, da Napoli a Firenze, fino a Trieste.

Proprio nel capoluogo pugliese, i ristoratori hanno chiesto inaspettatamente la chiusura totale "in maniera tale che si possa sopravvivere in questo momento e cercare di giocarsi una chance per Natale". A Pesaro in piazza anche pianisti, gestori di palestre, piscine e scuole di ballo. Avevano fischietti e un cartello con la scritta ‘tasse’ che è stato fatto a pezzi per simboleggiare la rinuncia a pagare qualunque imposta d’ora in poi. "Si sta distruggendo la ristorazione, senza un motivo valido, perché non dà nessun beneficio nella lotta alla pandemia", la denuncia della piazza romana, con i gestori riuniti da Fipe Confcommercio.

Manifestazioni pacifiche. Mentre per il Viminale nelle violenze non c’è un’unica ‘regia’, come ha ricordato il ministro Lamorgese. C’è, semmai, un’unica "finalità antigovernativa". "È stato accertato che alle manifestazioni hanno partecipato in maniera preponderante frange violente, riconducibili a distinti ambiti che vanno dai movimenti di estrema destra e dai centri sociali, uniti dalla tematica negazionista fino a ricomprendere i settori più estremi delle tifoserie".