Martedì 24 Dicembre 2024
REDAZIONE CRONACA

Coronavirus, lo Stato e la Fase 2: arrangiatevi e ripartite

Il governo non dà indicazioni precise. Aziende, negozi e artigiani hanno chiesto aiuto a virologi e consulenti per capire come riaprire

Coronavirus, i bar si preparano a riaprire (Imagoeconomica)

Roma, 1 maggio 2020 - Estetiste, manager, parrucchieri. Agenti di viaggio, baristi, ristoratori, bagnini, dentisti e camionisti. C’è un’Italia là fuori che vorrebbe riaprire le serrande e le attività il prima possibile. Un’Italia che ha atteso dal governo indicazioni precise per riaprire in sicurezza ma quando ha visto che la risposta sono stati decreti, ordinanze, oltre 200 regolamenti a pioggia. Tutti generali. Ecco allora che molti hanno capito di doversi arrangiare da soli.

Coronavirus Italia, bollettino della Protezione Civile dell'1 maggio

 primi sono stati i big come Fca e Ferrari che hanno redatto modelli di organizzazione aziendale per lavorare in sicurezza chiedendo la consulenza de virologo Burioni. Pirelli, che riaprirà gli stabilimenti italiani lunedì, ha realizzato un piano per la tutela dei dipendenti con il dipartimento Sacco dell’Università di Milano, diretto da Massimo Galli. L’urgenza di avere un modello per garantire chi lavora e i clienti è un bisogno vitale anche per le singole categorie e attività. 

Le concessionarie di auto, per dire, che apriranno il 4 maggio, non hanno ricevuto indicazioni precise. Così si sono attrezzate: si è deciso di sanificare le auto, ferme da quasi due mesi, di invitare i clienti a prendere appuntamento o meglio ancora di prenotare la prova della vettura a domicilio. Idem gli agenti immobiliari, con l’aggravante che hanno proposto (inascoltati) di poter registrare online i contratti di compravendita. Idea semplice, che ne dice il governo? Risposta non c’è.

Le associazioni che uniscono i produttori di bibite e birra e i grossisti sollecitano un piano per riaprire senza attendere giugno. La filiera degli alberghi, della ristorazione e del catering ha un indotto di 1,2 milioni di occupati e vale 20 miliardi. Qualcuno dovrebbe pensare a salvarla, magari. Federalberghi ha inviato un suo protocollo al governo con indicazioni su come gestire le colazioni, le reception, la distanza nei ristoranti, l’accesso ai bar. Nell’attesa di un piano vero dall’alto, dilaga la fantasia della sopravvivenza. Molti bar hanno aperto dal 27 aprile in formato da asporto. Caffè take away, li hanno chiamati. Bicchiere di plastica e si beve in strada, in piedi e distanti. Dal caffè sospeso ai clienti sospesi. Per fortuna non ci manca la creatività. Ma basterà a salvare il Paese?

di Davide Nitrosi

 

Negozi di abbigliamento

Camerini puliti, a prova di virus

La strategia di riapertura dei negozi di abbigliamento è semplicissima. Almeno a sentire Renato Borghi, presidente della Federazione Moda Italia-Confcommercio. "Siamo già pronti – esordisce –. Per l’Inail il nostro settore è a basso rischio ed è già operativo il protocollo sottoscritto il 24 aprile da Confcommercio con le organizzazioni sindacali per la riapertura in sicurezza. Dal 14 aprile sono aperti i negozi di abbigliamento e calzature per bambini che seguono le prescrizioni di legge".  L’obiettivo è quello di tranquilizzare i consumatori sulla riapertura in sicurezza dei negozi di abbigliamento che, in estrema sintesi, significa: pulizia dei locali e dei camerini con detergenti e disinfettanti, almeno due volte giorno; adeguata areazione naturale e ricambio d’aria; pulizia dei filtri dell’aria condizionata; dispenser di gel alcolici per disinfettare le mani all’ingresso, vicino ai camerini, accanto a casse, sistemi di pagamento, tastiere, schermi touch; mascherine e le indispensabili raccomandazioni di lavarsi spesso le mani; mantenere la distanza interpersonale di almeno un metro; evitare il contatto ravvicinato; niente abbracci e strette di mano. Sulla prova e sui resi dei prodotti, precisa Borghi, "c’è una certezza: basta indossare la mascherina e lavarsi le mani con il gel disinfettante quando si provano i vestiti. Non c’è alcun’altra prescrizione. Altrimenti ci sarebbero già state raccomandazioni igienico sanitarie sull’utilizzo degli indumenti anche per quando si esce e si rientra a casa".

Bar e pasticcerie

Tavolini all’aperto. Basta file alla cassa

Anche bar e pasticcerie si organizzano al meglio per affrontare la fase 2 dell’emergenza Covid-19. In che modo? A spiegarlo è Alessandro Cavo, presidente Fipe-Liguria–Confcommercio. "La mia ricetta è quella di ridurre gli spazi all’interno e potenziare il più possibile l’offerta all’esterno – mette in chiaro l’esecente –. Anche perché, oltre al distanziamento che ci verrà imposto dal governo e di cui ancora non si sa nulla di ufficiale, dovremo fare i conti con i legittimi timori dei clienti. Saranno loro i primi a chiedere tavoli distanziati. Per questo intendo sfruttare al massimo la possibilità data dal Comune di Genova di ampliare lo spazio dei dehors a costo zero, creando un salotto all’aperto per i clienti".  Nell’ottica di ridurre al minimo il rischio dei contagi sarà fondamentale cercare di scongiurare le file alla cassa e al bancone. Cavo ne è pienamente consapevole: "Ci stiamo organizzando per prendere le ordinazioni direttamente al tavolo sullo smartphone e garantire ai clienti il pagamento con il pos. Stiamo anche mettendo dei segni in terra nel bar, sia al banco, sia alla cassa, per fare in modo che i clienti sappiano quali distanze mantenere. E, ovviamente, siamo già provvisti sia di mascherine, da distribuire a camerieri e bartender, sia dei dispenser per il gel igienizzante da installare all’ingresso". Fin qui gli adeguamenti dei locali, ma la riapertura non potrà prescindere dagli aiuti dello Stato.  "La sopravvivenza della mia attività, così come quella dei colleghi – chiarisce il presidente di Fipe-Liguria –, dipende dalla tempestività con cui il governo riuscirà a garantirci contributi a fondo perduto". 

Saloni di bellezza

Messe in piega con la mascherina 

Le imprese dell’acconciatura e dell’estetica sono perlopiù di prossimità: la riapertura non incentiverebbe un incremento della mobilità, assicurano da Cna Benessere e Salute. Per l’associazione di categoria il salone di fiducia è spesso sotto casa così da far sì che clienti non debbano effettuare spostamenti importanti. Tradotto, chi vede nella riapertura di barbieri, parrucchieri ed estetiste una possibile causa di aumento dei contagi a causa di ipotetici assembramenti, si sbaglia.  Le imprese sono pronte a contingentare l’accesso e a rispettare la distanza interpersonale, oltre ad adottare rigorose norme igienico-sanitarie e l’uso degli specifici strumenti di protezione individuale. In Emilia Romagna, del resto, un accordo tra la categoria, i sindacati e la Regione ha definito le procedure da adottare con fornitori e clienti. Dovrà essere affissa una chiara cartellonistica con indicazioni sia al personale sia alla clientela. I dipendenti i clienti avranno poi l’obbligo di indossare la mascherina (se necessario il personale potrà indossare la mascherina Ffp 2) in ogni fase del trattamento, comprese le operazioni di cassa.  Per i centri estetici sarà previsto l’utilizzo di soprascarpe monouso, camici monouso o il lavaggio giornaliero degli indumenti ad alta temperatura con prodotti igienizzanti. Senza dimenticare l’accurata detersione dei lettini con ipoclorito di sodio-candeggina o alcool denaturato e l’arieggiamento della cabina dopo ogni trattamento.

Ristoranti

Posti ridotti per non fallire

Per i ristoratori nei prossimi mesi la contrazione del mercato sarà del 70 per cento. Soprattutto nelle città d’arte, complice l’assenza dei turisti stranieri che avrebbero potuto compensare la ridotta capacità di spesa degli italiani. Per questo diventa essenziale riorganizzare gli spazi, ottimizzandoli. Lo sa bene Aldo Cursano, vicepresidente Fipe-Confcommercio, titolare di un ristorante giapponese su tre piani.  "Al piano terra, dove c’è il tradizionale banco del sushi, dovrò ridurre i posti da 34 a 12 – si rammarica –. Il che significa che, per sopravvivere economicamente, saremo costretti a fare almeno due turni. La sala al piano interrato, solitamente riservata agli aperitivi con 60 persone, verrà trasformata in sala d’attesa per 15 persone alla volta, cui serviremo dei cocktail prima di farle accomodare o al sushi bar o alla sala superiore, dove abbiamo i tavoli con griglia incorporata, gli yakiniku. Anche qui, da 60 persone si passerà a 20". Questa riorganizzazione non è dettata dal governo, che, lamentano i ristoratori, non ha fornito indicazioni precise, ma dal desiderio di far sentire il più possibile  a loro agio gli avventori. "Sappiamo che il fattore psicologico è essenziale e vogliamo creare un rapporto di fiducia totale con chi viene nel locale – spiega Cursano –. Anche per questo stiamo lavorando con il Comune per poter mettere qualche tavolo all’esterno e abbiamo già iniziato a rafforzare i servizi di asporto". Un aspetto, però, è evidente: "A fronte di un calo previsto dei fatturati, anche le nostre spese dovranno ridursi proporzionalmente. Altrimenti, la riapertura sarà solo il primo passo prima di fallire".

Ambulanti

Controlli rigorosi dentro i mercati

I mercati sono ormai fermi da più di due mesi e la situazione rischia di farsi insopportabile perché le imprese di commercio su aree pubbliche non sono strutturate, sul piano economico e patrimoniale, per fare fronte ad una prolungata inattività, mentre l’attività è la sola che assicura la liquidità necessaria per le aziende e per le famiglie degli ambulanti. La categoria vuole tornare a lavorare. Riaprendo i mercati con gradualità e sicurezza, certamente, ma anche per segnalare la volontà e l’impegno a superare l’emergenza.  In questo senso le associazioni territoriali stanno lavorando, di concerto con gli enti Locali, a protocolli di sicurezza basati su una serie di aspetti: utilizzo dei dispositivi di protezione individuale (mascherine, guanti, gel igienizzante), delimitazioni dell’area mercatale e dei banchi di vendita, controllo agli accessi e alle uscite, contingentamento delle persone presenti sull’area mercatale, maggiore distanza dei banchi di vendita l’uno dall’altro, formazione del personale e informazione verso la clientela, monitoraggio sull’efficacia delle  misure di prevenzione e contenimento. Sono precauzioni che si stanno sperimentando in diverse realtà e che consentirebbero di riaprire gradualmente in mercati a tutte le merci.

Stabilimenti balneari 

Maxi distanza fra gli ombrelloni

Dal maxi distanziamento tra gli ombrelloni al servizio di take away in spiaggia fino all’accesso negli stabilimenti balneari consentito solo ai clienti. Sono i punti salienti del Protocollo sicurezza redatto dalle quattro categorie di bagnini dell’Emilia Romagna, presentato al al governo.  L’emergenza Coronavirus rischia di stravolgere le vacanze al mare di milioni d’italiani, così gli operatori del settore avanzano le loro proposte per garantire la sicurezza sia dei clienti, sia del personale. Se il distanziamento sociale resta la regola principale, i bagnini puntano anche su un’approfondita e più frequente igienizzazione dei locali. Per gli ospiti e il personale saranno messi a disposizione distributori di gel igienizzante. I dipendenti dovranno poi indossare le mascherine laddove non sarà possibile rispettare il metro di distanza con gli ospiti.  Per quanto riguarda il distanziamento degli ombrelloni, rispetto alla disposizione regionale che indica un minimo di 2,50 metri, oltre ai due tra le file (in tutto 5 metri quadri per ogni zona d’ombra), si propone di raddoppiare almeno tale distanza, portando i metri quadri per zona d’ombra a 10,50. Intanto, da poco più di una settimana i gestori dei bagni in Versilia hanno cominciato timidamente la manutenzione degli stabilimenti e delle piscine sul mare, ma di montare ombrelloni e sdraio non se ne parla. "Aspettiamo i protocolli sanitari – dice il viareggino Pietro Guardi – ma da noi la spiaggia è così grande che non ci saranno problemi per distanziare i punti ombra".

Schede a cura di Claudia Marin e Giovanni Panettiere