Alluvionati tre volte in poco più di un anno. Erano in molti i faentini che nella notte fra mercoledì e ieri hanno atteso la piena del Lamone e del Marzeno dal centro della ‘zona rossa’, quella piazzetta in fondo a via Torretta: dove un anno fa i carabinieri misero in atto il rocambolesco salvataggio a nuoto di due anziani. Lo hanno fatto spesso non per irresponsabilità, ma per l’impossibilità fisica di lasciare un’altra volta il loro quartiere, per la fatica di dover ricominciare daccapo la litania dell’evacuazione, delle notti passate sulle brandine nei palazzetti dello sport, del lento ritorno a casa.
Verso le due e mezza la piena arriva, la vedono coi loro occhi risalire via Cimatti. Poliziotti e carabinieri devono allontanarli, prima cortesemente, poi in maniera più decisa. Gli ultimi irriducibili seguiranno l’evolvere della situazione dalle finestre, altri dagli smartphone: solo verso l’alba matura la certezza che almeno il centro storico non si allagherà di nuovo. Wilmer Dalla Vecchia, titolare di un’impresa edile da cui ha spostato solo i materiali più essenziali per poter proseguire l’attività, ha passato la notte in piedi, con gli occhi fissi finché ha potuto a quel muro di blocchi di cemento e terra sorto dal nulla in via Cimatti, che avrebbe dovuto proteggere il quartiere Borgo dall’ennesima inondazione, ma che si è rivelato impotente davanti a quel mare interno in movimento che premeva per uno spessore di chilometri: "Nessuno di noi credeva che quel muro sarebbe davvero stato decisivo. Faccio il muratore da una vita: la terra appena smossa non ha mai fermato nessuno. Non era questo il momento di mettere mano a un lavoro di quel tipo". La frattura che divide gli alluvionati è anche generazionale: nelle ore che precedevano l’inondazione c’era chi, come i giovanissimi fratelli Carlotta Calderoni e Tommaso Duranti, appariva intento a stipare l’auto in direzione "della casa di alcuni parenti, abbiamo preso la decisione poca fa", consapevole che dopo la piena la vita sarebbe ricominciata, qui o da un’altra parte – e chi invece, complice qualche primavera in più a pesare sulle spalle, mostrava una velatura più scura nello sguardo.
Federica D’Amore è in quella fase della vita in cui si hanno più certezze, e non si accetta di vedersele togliere, non per la terza volta in un anno: "Sono furiosa, sì – confida mentre lascia la casa insieme al fidanzato Antonio, in direzione dell’abitazione dove la aspetta la sua bambina –. Non possiamo vivere con l’ansia che ogni pioggia scateni un disastro". L’alluvione della Romagna del 2023 è stata un evento spartiacque non solo per i più giovani: Paride Maccarinelli, navigatissimo soccorritore lombardo, è partito in direzione Faenza nella nottata di ieri, "appena ho potuto", spiega. L’anno scorso con lui c’era un plotone intero di muratori, idraulici, elettricisti: sono stati centinaia i loro interventi. Ora anche lui appare più solo, più cupo: "È di nuovo tutto come prima", mormora davanti al suo vecchio quartier generale, in via San Martino, completamente sommerso dalle acque. Il Borgo, Faenza e la Romagna si risolleveranno, ma stavolta sarà più difficile.