Venerdì 1 Novembre 2024
PIERO DEGLI ANTONI
Cronaca

Fabrizio Bentivoglio: "Io, nei difficili panni di Gardini. Le sue idee anticipavano il futuro"

Su RaiUno il film dedicato all’imprenditore ravennate: ho raccontato l’uomo privato e pubblico

Fabrizio Bentivoglio, 66 anni, nei panni di Raul Gardini

Fabrizio Bentivoglio, 66 anni, nei panni di Raul Gardini

Roma, 23 luglio 2023 – "Per favore chiamatelo film, non docufiction". Fabrizio Bentivoglio si rammarica della definizione inglesizzante. In ‘Raul Gardini’, in onda stasera su Raiuno, interpreta la parte dell’imprenditore ravennate morto suicida trent’anni fa. "Il film è la sintesi poetica dei suoi ultimi tre anni di vita. Con me si racconta il Gardini privato, l’uomo, il padre, il marito. La parte documentaristica narra invece quella pubblica (e infatti sono molti gli spezzoni di telegiornali e di interviste d’epoca, tra cui l’arrembaggio di un giovanissimo Chiambretti, ndr). È incredibile come un personaggio del genere possa essere stato dimenticato".

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Come si è preparato alla parte?

"L’avevo già studiata perché, dieci anni fa, dovevo fare un film su di lui. Poi, come accade tante volte, il film non si fece più. Mi era rimasto l’amaro in bocca. Per cui, quando è arrivata la proposta, ho colto la palla al balzo. Avevo già approfondito la figura a suo tempo".

Ha avuto contatti con la famiglia?

"Posso dire che i figli ci hanno adottato. Ci hanno aperto casa, la Monaldina, dove abbiamo trascorso qualche giorno. Attraverso loro ho avuto la possibilità di fare su di lui piccole scoperte private che naturalmente non rivelerò. La parte narrativa serve a raccontare al grande pubblico l’aspetto umano di un uomo che 40 anni fa parlava già di carburante biodegradabile e di plastica riciclabile. Era lungimirante nelle idee, che ancora oggi sono attuali e perseguibili. È stato dimenticato troppo a lungo".

Con la sua morte l’Italia ha perso una grande opportunità?

"Certamente. Purtroppo non è stata che una clamorosa conferma dell’assoluta mancanza di meritocrazia nel nostro Paese. I migliori non solo non vengono aiutati, ma anzi vengono puntualmente ostacolati".

In quegli anni l’opinione pubblica era formata da giornali e telegiornali, le cui fonti erano essenzialmente i magistrati. Pensa che oggi, grazie ai social che danno la possibilità a chiunque di esprimere il proprio pensiero, la storia di Gardini avrebbe avuto un altro esito?

"È una domanda troppo difficile. Le condizioni sono molto cambiate, i paragoni sono improponibili".

Lei raramente lavora in televisione, questo Gardini è un’eccezione...

"C’è stata una proiezione cinematografica a Roma e un’altra a Ravenna alla Fondazione Gardini. Certo, è un prodotto destinato alla tv, che si vede su Raiuno e che resterà su Raiplay".

È vero che fu Marcello Mastroianni a sconsigliarla dal lavorare in tv?

"Erano anni diversi, la tv e il cinema erano due mezzi separati. Era il 1993 ed eravamo a una premiazione. Mastroianni mi disse: ‘A Bentivo’ nun te mette affa’ la televisione".

Quando qualche spettatore a teatro accende il cellulare lei si arrabbia...

"Si, mi arrabbio. Nonostante che a teatro si raccomandi sempre di spegnere gli apparecchi prima dello spettacolo, e spesso avvenga anche al cinema, capita che qualcuno lo ignori. È una forma di rispetto verso gli attori, ma soprattutto verso gli altri spettatori".