Mercoledì 19 Marzo 2025
REDAZIONE CRONACA

Esplosione al deposito Eni di Calenzano, 9 indagati. ‘Incidente evitabile e prevedibile’

Le indagini della Procura di Prato sul disastro del 9 dicembre che costò la vita a cinque persone e provocò numerosi feriti

Esplosione al deposito Eni di Calenzano, 9 indagati. ‘Incidente evitabile e prevedibile’

Calenzano (Firenze), 19 marzo 2025 – Ci sono nove indagati, sette dirigenti di Eni spa e due della società appaltatrice Sergen per l'esplosione avvenuta il 9 dicembre 2024 al deposito di idrocarburi Eni di Calenzano (Firenze). 

Lo ha reso noto questa mattina il procuratore capo di Prato Luca Tescaroli durante una conferenza stampa sugli esiti dell'indagine per il disastro avvenuto in via Erbosa. 

Nell'esplosione morirono 5 persone, altre 28 rimasero ferite gravemente. I reati ipotizzati sono: omicidio colposo plurimo, disastro colposo, lesioni personali e rimozione delle cautele infortunistiche.

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L'esplosione di Calenzano: l'impianto visto dall'alto dopo l'incidente

Nell’esplosione morirono Davide Baronti, 49 anni residente a Bientina, Gerardo Pepe 45 anni di Cirigliano, provincia di Matera e Franco Cirelli, anche lui di Cirigliano, Vincenzo Martinelli 51 anni di Prato, come pratese era Carmelo Corso, 57 anni.

Le cause dell’esplosione 

Le esplosioni e l'incendio, oltre alla morte dei cinque operai, provocarono il ferimento di altri ventisette lavoratori. I danni inoltre furono ingenti anche per ditte, auto, camion ,

Le quattro esplosioni sono state un “evento prevedibile e evitabile” sulla base di risultanze investigative, ha fatto sapere il procuratore Tescaroli parlando di “errore grave e inescusabile” secondo quanto emerge dall'analisi della documentazione di sicurezza rilasciata a Eni a Sergen, e dalle attività di Sergen, «vale a dire la presenza di fonti di innesco, come il motore a scoppio di un elevatore», che «ha generato calore in un'area ad alto rischio in un momento in cui le operazioni di carico delle autobotti erano parallele alle attività di Segen». 

Per quanto riguarda le cause dell’esplosione, dalle indagini della procura, è stato ricostruito “che Eni incaricò personale del raggruppamento temporaneo di imprese Sergen/Nolitalia di Viggiano (Potenza) di effettuare una modifica dell'impianto, vale a dire creare una nuova linea dedicata alla fornitura di olio vegetale idrotrattato ("Hydrotreated Vegetable Oil', HVO)”. Si tratta di un biocarburante avanzato prodotto attraverso l'idrogenazione di oli vegetali o grassi animali.

Erano in programma e sono stati eseguiti una serie di interventi per convertire la linea dismessa di benzina al trasporto del nuovo prodotto. Durante l'attività si creò una nube di aerosol, originata dalla fuoriuscita di benzina a pressione da una iniziale fessura apertasi in una flangia svitata da operatori della Sergen Nolitalia sotto la valvola numero  577 dell'area pensiline adiacente alla corsia di carico numero 7 delle autobotti. La valvola appartiene alla tubazione della vecchia linea della benzina doveva essere rimossa. La stessa linea però era ancora collegata a una tubazione che riceveva benzina da un’altra linea che alle 10,21 della tragica mattinata si è attivata per la richiesta del carico di benzina che ha generato il getto di carburante dalla fessura della flangia sotto la valvola numero 577, che si è protratto per almeno 3 secondi, cioè fino esplosione.

Gli indagati 

Gli indagati sono: Patrizia Boschetti, come datore di lavoro committente responsabile della struttura organizzativa e gestione operativa del centro Eni spa di Roma; Luigi Collurà dirigente con delega di funzioni sulla sicurezza del deposito Eni di Calenzano; Carlo Di Perna, responsabile manutenzioni e investimenti depositi Centro Eni spa; Marco Bini, preposto Eni richiedente il permesso di lavoro che ha classificato l'attività di Sergen; Elio Ferrara, preposto Eni che ha autorizzato il rinnovo del permesso di lavoro a Sergen per il 9 dicembre 2024; Emanuela Proietti responsabile del servizio prevenzione protezione (Rspp) di Eni; Enrico Cerbino , responsabile del progetto esterno (project manager external) per le manutenzioni e investimenti depositi Centro (Eni); Francesco Cirone, datore di lavoro e Rspp della impresa esecutrice Sergen srl di Viggiano (Potenza); Luigi Murno, preposto della Sergen. Sono indagati a vario titolo per omicidio plurimo colposo, lesioni colpose e disastro colposo. Mentre l'Eni spa, sede di Roma, è indagata per la responsabilità amministrativa in ordine ai reati di omicidio e lesioni.

"Incidente prevedibile ed evitabile”

Nelle parole della procura ”l'incidente sul lavoro è risultato in concreto prevedibile, se fosse stata effettuata un'adeguata analisi dei rischi e delle condizioni operative, ed evitabile, se fossero state seguite correttamente le procedure di sicurezza, protezione e pianificazione che erano obbligatorie per effettuare l'intervento che doveva effettuare Sergen”. 

Dalle indagini “è emerso un errore grave e inescusabile dall'analisi della documentazione funzionale ad assicurare la sicurezza e dalle attività svolte da Sergen nel deposito di Calenzano: permettere, da parte di Eni, la presenza di fonti di innesco - come il motore a scoppio della piattaforma elevabile utilizzata per i lavori di manutenzione - che ha generato calore” in un'area con classificazione di rischio da considerare di tipo più elevato.  

«Per interesse e vantaggio, quindi» Eni e i suoi dirigenti, afferma la procura di Prato, hanno «permesso la contemporaneità dell'attività lavorativa di manutenzione e di carico di autobotti nella stessa area sotto le pensiline, senza interrompere i carichi delle autobotti, agevolando così - sostiene il procuratore Tescaroli - il mantenimento della produttività funzionale all'attuazione delle strategie imprenditoriali dettate dalla stessa casa madre Eni spa ed escludendo la necessità di dilatare i tempi di attesa degli autisti mentre avvengono manutenzioni lungo le pensiline di carico». Tale modalità, sottolinea la procura, «è risultata indistintamente comune a tutti i depositi, non avendo rilevato specifiche ulteriori sulla documentazione di Eni spa, sicché l'interesse e il vantaggio sono ancor più ampliati su scala nazionale». 

"Con pompe chiuse persi 255mila euro”

«Se le pompe» di carico delle autobotti al deposito Eni «fossero rimaste chiuse come dovevano dalle ore 9 alle ore 15 del 9 dicembre 2024, sarebbero andati persi circa 255.000 euro di guadagni». Ha evidenziato il procuratore Tescaroli che sottolinea: «Gli interventi di manutenzione, quel giorno, non potevano e non dovevano essere portati avanti in presenza del normale carico delle autocisterne». Tra gli elementi per cui, invece, fu continuato a pompare benzina e gasolio nelle linee di carico e proseguì il flusso di camion cisterna mentre venivano fatte attività di manutenzione accanto, viene considerato dall'inchiesta anche il vantaggio economico stimato per quella giornata in quel deposito di Calenzano. 

Eni: “Massima collaborazione alle indagini” 

Eni prende atto delle informazioni di garanzia annunciate ed emesse oggi dalla Procura di Prato in relazione all'incidente al deposito di Calenzano e «conferma, come fatto finora, la propria piena e totale collaborazione all'autorità giudiziaria, con la volontà prioritaria di contribuire a individuare le cause e le dinamiche ad esse associate all'origine dell'incidente».

Lo si legge in una nota in cui la stessa Eni «conferma altresì il proprio impegno al risarcimento dei parenti dalle vittime dell'incidente e, con la maggiore tempestività possibile consentita dai tempi dalle attività di perizia, dei danni civili sul territorio, in avanzato stato di definizione complessivo». 

Il gruppo petrolifero ricorda poi che «come appreso, gli avvisi hanno riguardato responsabili e operatori di aree tecnico operative della Direzione Refining Revolution and Transformation di Eni legate alle attività del deposito, esponenti della ditta fornitrice Sergen, nonché la stessa Eni SpA per la responsabilità ex Legge 231, e consentiranno il proseguo delle attività investigative anche con il coinvolgimento dei soggetti interessati».